DiStImIcAmEnTe





QUANDO FU NON RICORDO,
MA VENNI PRESO UN GIORNO
DAL DESIDERIO D'UNA VITA VAGABONDA,
DANDOMI AL DESTINO D'UNA NUVOLA
CHE NAVIGA NEL VENTO,
SOLITARIA.
(Basho)

...ma ora...

STO DIVENTANDO VECCHIO.
UN SEGNO INEQUIVOCABILE E' CHE
LE NOVITA' NON MI APPAIONO INTERESSANTI
NE' SORPRENDENTI.
SON POCO PIU' CHE TIMIDE VARIAZIONI
DI QUEL CHE E' GIA' STATO.
(Borges)

lunedì 25 aprile 2011

Ciancimino: ciance, toghe e santori

domenica 24 aprile 2011, 09:00

La truffa Ciancimino Ecco tutti i complici del grande imbroglio

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Ha taroccato "pizzini" per infangare premier e capo della Polizia. Ma Csm e Quirinale fanno finta di non vedere. È un attentato agli organi costituzionali, avallato dal pm Ingroia. Che non può più rimanere al suo posto

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Solo con la voluttà della calunnia, e con il corri­spondente piacere del la giustizia politica, può spiegarsi l’infame sto riaccia di Massimo Ciancimi­no e dei suoi bardi. Arrestato per calunnia e truffa pluriag gravata, il figlio del corleone se don Vito da quasi tre anni pontificava con il bollo della Procura di Palermo, del suo numero due, il dottor Anto nio Ingroia, il magistrato che fa comizi in piazza contro le leggi all’esame del parlamen to, il professionista dell’anti mafia che ha la libido da con vegno, da manifesto politico ideologico, e che usa il suo de licatissimo potere d’indagine e di ac­cusa mescolando lo con un attivismo politico fazioso in forma incompati bile con la Costitu zione e la legge del la Repubblica. (Il caso Lassini, al confronto, fa sor ridere, e bisognerà pure che Milano torni ad essere una capitale della liber tà, capace di ribel larsi contro l’oscurantismo borbonico di una giustizia piegata a servire le traversie della politica politicante. Ca ro sindaco Moratti, lei fa be nissimo a impegnarsi per una competizione in cui il vol to moderato e ragionevole della sua maggioranza emer ga contro ogni manipolazio ne interessata, ma mi aspetto da lei e dalla borghesia colta che la sua maggioranza rap presenta una parola chiara su una grande questione mi lanese e nazionale: lo strame che si fa della giustizia). Massimo Ciancimino non è un pentito, non rientra nel l a controversa categoria di co loro che pretendono di aver aiutato a fare giustizia con ri velazioni in qualche modo ri scontrate e capaci di mettere in scacco la delinquenza or ganizzata di tipo mafioso. È invece un teste d’accusa sul la cui attendibilità, in modi azzardati e avventurosi, alcu ni Pm diretti da Ingroia han no fatto la scommessa della loro vita professionale, por tandolo per mano nel circui to mediatico-giudiziario, con l’aiuto di Michele Santo r o e altri professionisti dell’in­formazione obliqua, insi nuante, della macchina del fango (come impudentemen te dicono, per ritagliarla sugli altri), dentro una narrazione calunniosa che ha investito lo Stato, i governanti, la politi ca e infine il capo e coordina tor e dei servizi di si curezza e di infor mazione sui quali si fonda la credibi lità degli apparati della forza e del l’ordine repubbli cano. Sotto scorta e as sistito dai suoi di rettori spirituali e giudiziari, per me si e mesi il figlio di don Vito ha infan gato Berlusconi, presidente del Consiglio; il senatore Del l’Utri, uno che sta per pagare con molti anni di galera la tra sformazione calunniosa del le sue amicizie controverse in un reato penale da Paese borbonico (concorso ester no in mafia); Nicola Manci no, già presidente del Senato e ministro dell’Interno e vice presidente del Consiglio su periore della magistratura; Giovanni Conso, giurista e già ministro di Grazia e Giu stizia; il generale Mario Mori, l’eroe italiano che arrestò il capo della mafia; infine il pre fetto De Gennaro, per anni ca po della polizia, un uomo che ha lavorato contro la mafia con Falcone in modi contro versi ma efficienti, e che ora fa parte, agli occhi dei suoi ne­mici, di un odiato apparato di governo della Repubbli ca. E molti altri, secondo le convenienze d’occasione. Serve un colpetto al grup po dei deputati che è entrato a far corpo con la maggioranza politica che gover­na il Paese? Ecco una propalazione pronta sul ministro appena nominato Saverio Romano, da tredici anni sotto in dagine per mafia e da tenere ancora sul la graticola anche grazie alle parole va ghe, generiche ma velenose e insultanti e infanganti del ventriloquo di un padre morto da anni, che fa parlare al cospetto della giustizia i fantasmi della passione politica faziosa, al servizio di chi non si sa, ma per mezzo di quali avalli giudizia ri e mediatici lo si sa benissimo. Il dottor Ingroia è arrivato alla delicatezza lettera ria di scrivere la prefazione al libro di ca lunnie del figlio di don Vito. Se una peri zia non a vesse svelato il carattere truffal dino di questa testimonianza, chissà do ve sarebbe arrivato il terzetto Ciancimi­no- Ingroia-Santoro. Questo tizio che ora è in carcere per calunnia e truffa, per aver fatto operazi o ni di copia e incolla su vecchi documen ti fotocopiati per incastrare chi-sa-lui con il bollo della giustizia, è già finito a pagina 21 di Repubblica e a pagina 27 del Corriere della sera .L’insabbiamento del caso è già in pieno corso. I giornalisti giudiziari che hanno usato le sue carte false, e accompagnato con la loro opero sa attività cronistica la scandalosa pro mozione del suo ruolo di «icona dell’an timafia », hanno già girato la frittata, prendendoci tutti per rimbecilliti, pri ma di tutto i lettori dei loro riveriti giorna li. Secondo loro quell’arresto non dimo stra l’esistenza di una cospirazione poli tico­ giudiziaria che si chiama appunto calunnia contro uomini pubblici decisi vi della nostra vita democratica, no, c’è un puparo ignoto dietro la calunnia e adesso gli stessi magistrati che hanno ac cudito il pupo dovranno eroicamente dare la caccia al puparo. Un nuovo mi stero, nuovo fango che avanza, nuova in giustizia. Ora basta. Se nessuno tra coloro che hanno autorità per farlo si muovesse, se il ministro Alfano, il vicepresidente del Csm Vietti, il capo dello Stato, non sen tissero il dovere civile di accertare che cosa è accaduto, sotto il travestimento ridicolo dell’obbligatorietà dell’azione penale, se nulla di serio e di liberale e di garantista dovesse accadere nei prossi mi giorni, l’anarchia già in fase avanzata in cui vive questo Paese straziato da un ventennio di uso politico della giustizia diverrebbe un’esondazione di colpe in crociate, il fomite di una generale dele gittimazione. E chi ama la Repubblica non può stare a guardare senza fare nul la. Ci sono forze ancora grandi e limpide capaci di reagire in modo serio, respon sabile, equilibrato, trovando le parole giuste per dire lo scandalo più grave, in materia di stato di diritto e di regolare funzionamento delle istituzioni, da vent’anni a questa parte? Quando un magistrato avalla una cospirazione ca lunniosa contro i capi del governo, i par lamentari, i generali dei carabinieri, i ca pi dei servizi segreti, i vicepresidenti del Csm, che cosa si deve fare? Starsene a braccia conserte? Godersi lo spettacolo voluttuoso della calunnia di Stato e aspettare che chi l’ha consentita faccia giustizia? Che cosa aspettiamo a tirare fuori l’articolo 289 del codice penale,«at tentato a organi costituzionali», che pu nisce con dieci anni di galera chi cospira contro lo Stato?

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