DiStImIcAmEnTe





QUANDO FU NON RICORDO,
MA VENNI PRESO UN GIORNO
DAL DESIDERIO D'UNA VITA VAGABONDA,
DANDOMI AL DESTINO D'UNA NUVOLA
CHE NAVIGA NEL VENTO,
SOLITARIA.
(Basho)

...ma ora...

STO DIVENTANDO VECCHIO.
UN SEGNO INEQUIVOCABILE E' CHE
LE NOVITA' NON MI APPAIONO INTERESSANTI
NE' SORPRENDENTI.
SON POCO PIU' CHE TIMIDE VARIAZIONI
DI QUEL CHE E' GIA' STATO.
(Borges)

martedì 5 dicembre 2017

Grasso mortale

G R A S S O   M O R T A L E


C’era una volta il Mago Dalemix, che aveva tanta nostalgia per i pentoloni nei quali un tempo rimestava. In preda a malinconia e disperazione un giorno decise di rimettersi in cucina. Prese un pentolino (da tempo ormai non aveva più pentole grandi). Soffiò sulle braci che sempre manteneva sotto la cenere. Gli vennero le lacrime agli occhi: sia per il fumo di quel suo stentato fuocherello ma  soprattutto al pensiero del tempo felice in cui andava, allegro e acclamato, a cucinare il risotto da Vespa; mica le tristi figuracce che ora faceva dalla Gruber. Fame ora, non fama. Quei pezzetti di bollito che aveva ora gli parevano poca cosa, però. Non c’era quasi più niente in dispensa. Soltanto un resto di grasso. “Grasso?” bofonchiò Dalemix; “Che ci possa stare con ’sto bollito?”. La risposta gliela diedero la disperazione e la fame. Lo prese e lo buttò nel pentolino. Mescolò il tutto pian piano (sempre verso sinistra). Ma quel grasso stentava ad amalgamarsi.  Rimescolò ancora, mise il coperchio e andò ad aprirsi una bottiglia. La scolò, leccandosi i baffetti, rincuorato dal suo rosso e dal borbottio del pentolino. Grasso, alla fine, non ne vide più: quel grumo sembrava essersi sciolto per bene. Cominciò a mangiare quella sbobba. Per distrarsi pensò alla sua vita. ”Libero”, bofonchiò, ricordando quando, sotto sotto, rese grazie a quel povero Occhetto che lo aveva reso libero dal PCI. Da quel comunismo che voleva tutti uguali. “Uguali? Io uguale agli altri? Non scherziamo! Io sono il Migliore!”. Capì che il vino gli aveva confuso un po’ le idee. Divorando bocconi, chissà perché, gli venne in mente il conte Ugolino. Inghiottì anche l’ultimo pezzo. In primavera, era Marzo, qualcuno lo trovò steso a terra, mummificato, con le mani al collo come per togliersi un qualcosa rimastogli in gola. Vicino alla bocca, per terra, un grumo nerastro. “Grasso”, disse la Scientifica. “Liberi e uguali” si leggeva sulla corona che quattro gatti portarano al funerale. E tutti vissero ancora infelici e scontenti.

Vittorio TòccatiMax! ExInFeltrito