DiStImIcAmEnTe





QUANDO FU NON RICORDO,
MA VENNI PRESO UN GIORNO
DAL DESIDERIO D'UNA VITA VAGABONDA,
DANDOMI AL DESTINO D'UNA NUVOLA
CHE NAVIGA NEL VENTO,
SOLITARIA.
(Basho)

...ma ora...

STO DIVENTANDO VECCHIO.
UN SEGNO INEQUIVOCABILE E' CHE
LE NOVITA' NON MI APPAIONO INTERESSANTI
NE' SORPRENDENTI.
SON POCO PIU' CHE TIMIDE VARIAZIONI
DI QUEL CHE E' GIA' STATO.
(Borges)

domenica 18 agosto 2019

SELFIE 2: Psicologia del selfie



Da un punto di vista psicologico la selfie mania è una mancanza di autostima e sarebbe un valido indicatore di alcune lacune presenti nella propria vita privata. Compulsività, ossessione e ripetitività caratterizzano la personalità di queste persone che impiegano anche ore della giornata per non far mancare sul proprio profilo Facebook o Instagram l’ultimo “selfie”.
Le persone dipendenti dal selfie non sono sicure si sé. Infatti la ricerca continua e assillante di commenti positivi al proprio scatto rappresenta il disperato bisogno di accettazione da parte di chi è insoddisfatto e ha bisogno di rassicurazioni sul proprio aspetto. Basta pensare che cliccare e contare i “mi piace” sia diventata l’unica cosa importante, mentre è molto grave questo immortalare se stessi in questi momenti per condividerli con il mondo e nello stesso tempo avere delle lacune nel vivere le emozioni positive o negative che siano, ma della vita reale di tutti i giorni. La condivisione di momenti resta relegata a un puro universo virtuale dove “il farsi vedere e notare” è l’anticamera per molti disturbi nel medio e lungo periodo quali i disturbi alimentari, primi approcci con droghe ed errate percezioni delle forme del proprio corpo. Da studi scientifici americani (American Psychiatric Association) la selfie mania potrebbe rappresentare i primi segnali di veri e propri disturbi mentali, ma è bene non generalizzare.

Sicuramente l’era tecnologica in cui viviamo non agevola ma incita a essere sempre più isolati e soli nonostante gli innumerevoli contatti che una persona può avere sul suoi profili social.
Perché non ci basta vivere il quotidiano e le emozioni vere? Sapranno le nuove generazioni che il confronto e il dialogo con un’altra persona può arricchire il bagaglio di esperienze e non il conteggio quasi maniacale dei “mi piace”?

Dottoressa Sara Ronchi
psicologasararonchi@virgilio.it

-----------------------------------


Diagnosi: selfite.

 Cause e rimedi della selfie-mania

Complici smartphone e altre nuove tecnologie, l’abitudine di scattarsi fotografie da soli e di pubblicarle sui social network è diventata una mania. La situazione è arrivata ad un punto tale da spingere a coniare un nuovo termine per definirla, ossia selfite. Ma dietro a questa ossessione degli autoscatti con lo smartphone sembrerebbe nascondersi una vera e propria malattia. Ad affermarlo è un gruppo di ricercatori della Nottingham Trent University e della Thiagarajar School of Management a Madurai in India.
Lo studio, pubblicato sull’International Journal of Mental Health and Addiction ha messo a punto una sorta di scala, utile per valutare il livello di gravità della patologia. Questa classificazione ha richiesto un sondaggio su 400 persone in India, Paese che conta tantissimi utenti Facebook e il più alto numero di morti per selfie ‘pericolosi’.
Questo nuovo disturbo mentale infatti si può presentare con tre livelli diversi. Nel primo, definito borderline, quello più lieve, chi soffre di selfite si scatta almeno tre selfie al giorno, ma non li pubblica sui social network. Chi soffre di selfite acuta (la più diffusa nel campione analizzato), invece, si fotografa almeno tre volte al giorno e condivide sempre le immagini sui social. Infine, la selfite cronica è lo stadio più grave e corrisponde alla situazione in cui i selfie diventano vere e proprie ossessioni, il desiderio dell’autoscatto è incontrollabile e le fotografie scattate vengono pubblicate su Facebook e Instagram almeno sei volte al giorno.
Ma perché ci facciamo i selfie?
Senza dubbio, come in tutti i fenomeni di massa, il fatto di seguire la tendenza del momento e fare quello che fanno tutti gli altri semplicemente per spirito di emulazione o per timore di sentirsi diversi gioca un ruolo fondamentale.
Questo aspetto è innegabile, ma c’è anche una spiegazione psicologica, secondo la quale i selfie esprimono il bisogno di autoaffermarsi e di raccontare agli altri, attraverso le immagini, la propria identità. Forse parlare di malattia mentale è un po’ esagerato e fuori luogo, ma fare troppi selfie può nascondere delle insicurezze psicologiche e un grande bisogno di ricevere conferme dagli altri. Alcuni esperti avvertono che dietro all’autoscatto eccessivo potrebbe nascondersi qualche disagio più o meno grave, di natura psicologica.
I selfie nascondono anche il bisogno di ricevere apprezzamenti e di solito, infatti, quando si pubblica una foto su un social network, lo si fa per avere un riscontro positivo.
Per chi è single, ma non vuole più apparire raffigurato in autoscatti solitari agli occhi dei suoi contatti social, l’idea di due artisti canadesi, Aric Snee e Justin Crowe, è davvero geniale. I due hanno infatti creato l’asta che fa le foto come un ‘fidanzato’, ossia un’asta per i selfie a forma di braccio da tenere per la mano, ottenendo delle immagini in cui sembra che dall’altro lato dell’obiettivo ci sia proprio la tua dolce metà.
Sono soprattutto gli adolescenti a dedicarsi in maniera esagerata alla pratica dell’autoscatto. Si tratta di ragazzi insicuri e fragili, solo apparentemente spigliati, integrati e sicuri di sé, che sentono di esistere solo attraverso le immagini e l’apprezzamento altrui. In quella fase delicata di costruzione del sé che è l’adolescenza, questi soggetti rischiano quindi di trovare e costruire solo un’identità illusoria.
Anche se meno numerosi non mancano di certo nemmeno gli adulti affetti da selfite. Quasi sempre sono soggetti immaturi, incapaci di diventare quello che vorrebbero essere e di conseguenza con poca autostima. Pubblicare tanti selfie può essere un meccanismo compensativo che mettono in atto per colmare le loro lacune emotive ed esistenziali.
Come in tutte le cose, anche in questo caso, il paramento di giudizio è quello relativo alla misura. Farsi un selfie ogni tanto, e magari in compagnia, non rientra certo in quelli dell’osservazione psicologica. Il problema nasce quando invece il numero dei selfie realizzati e pubblicati aumenta, arrivando a essere un rituale quotidiano.
Eppure un modo per guarire dalla selfite c’è ed è semplice: basta anteporre la propria quotidianità alla vita virtuale e, invece di perdere tempo con gli autoscatti, imbattersi in vere relazioni sociali o impegnarsi in qualcosa che possa appassionare. Perché se è vero che la selfite non è certo una malattia mortale, la ricerca dimostra che, a lungo andare, aumenta le insicurezze di chi ne è affetto e ne impoverisce la vita interiore.
Alice Berti

-------------------

Selfite: è una malattia?


L'abitudine a farsi delle fotografie da soli (selfie) allo scopo di pubblicarle sui social network può diventare addirittura una malattia? Sembrerebbe di sì, visto che è stato coniato un termine, selfite, per indicare chi è “ossessionato” da questa pratica ormai diffusissima, tanto fra i cosiddetti “vip” quanto fra le persone comuni.
Forse parlare di malattia mentale è un po' esagerato, ma fare troppi selfie può nascondere delle insicurezze psicologiche e un grande bisogno di ricevere conferme dagli altri. Approfondiamo l'argomento: vediamo perché si sente il bisogno di fare i selfie e quando quest'abitudine può essere spia di qualche disagio, più o meno grave, di natura psicologica.

Perché si fanno i selfie
Perché si fanno i selfie? Si tratta solo di seguire la tendenza del momento oppure c'è qualcosa di più? Senza dubbio, come in tutti i fenomeni di massa, anche nel selfie gioca un ruolo fondamentale il seguire le mode (spesso lanciate da personaggi famosi, come in questo caso) e il fare quello che fanno tutti gli altri semplicemente per spirito di emulazione o per timore di sentirsi "diversi".
Questo aspetto è innegabile, ma c'è anche una spiegazione psicologica, un po' più "profonda": i selfie esprimono il bisogno di autoaffermarsi, di raccontare agli altri, attraverso le immagini, la propria identità. In questo senso non avrebbero un valore negativo perché permetterebbero alla persona di incanalare il proprio narcisismo in una maniera, anche se non particolarmente costruttiva, nemmeno deleteria per sé e/o per gli altri.
I selfie nascondono anche il bisogno di essere riconosciuti dai propri “simili” e di ricevere apprezzamenti: di solito, infatti, quando si pubblica una foto su un social network, lo si fa per avere un riscontro positivo (in genere si postano belle foto, in cui il soggetto offre agli altri l'immagine migliore di se stesso). Fin qui non ci sarebbe in fin dei conti nulla di male: tutti siamo un po' narcisisti e desideriamo i complimenti e l'apprezzamento degli altri, anche perché la nostra società è molto basata sull'immagine e pochissimi riescono a sottrarsi a questo tipo di condizionamento. Quando però la situazione può sfuggire di mano e toccare i confini della patologia? Vediamolo insieme.

Quando il selfie è indice di problemi psicologici nell'adolescenza
L'abitudine a fare autoscatti può anche diventare una vera e propria mania: parlare di disturbo mentale è probabilmente un po' esagerato e fuori luogo (anche se sembra che l'American Psychiatric Association abbia definito la selfite una vera e propria malattia, con 3 livelli diversi di gravità a seconda di quanti autoscatti si fanno al giorno), ma in alcuni casi si può certo parlare di eccessi che nascondono un disagio psicologico, anche se non grave.
Sono soprattutto gli adolescenti a dedicarsi in maniera esagerata alla pratica dell'autoscatto: e per esagerata si intende più di 6 autoscatti al giorno (subito pubblicati). Si tratta di adolescenti insicuri e fragili, solo apparentemente spigliati, integrati e sicuri di sé. Fare tanti selfie a quest'età può essere indice di un'incapacità di trovare la propria identità: questi adolescenti sentono di esistere solo attraverso le immagini e l'apprezzamento altrui. In quella fase delicata di costruzione del sé che è l'adolescenza, questi soggetti rischiano quindi di trovare e costruire solo un'identità illusoria.
Se vi accorgete che vostro figlio adolescente è fin troppo preso dalla mania degli autoscatti, non è il caso di drammatizzare né di preoccuparsi eccessivamente: potrebbe essere una fase transitoria, ma in ogni caso occorre intervenire per aiutarlo a costruire in maniera alternativa la propria immagine personale e quindi anche la propria autostima. Il coinvolgimento in un'attività vera (sport, volontariato, musica o altro) è in genere la “terapia” migliore.

La mania dei selfie in età adulta
Anche se meno numerosi degli adolescenti, non mancano nemmeno gli adulti affetti da “selfite”: quasi sempre sono soggetti immaturi, incapaci di diventare quello che vorrebbero essere e di conseguenza con poca autostima. Pubblicare tanti selfie per ricevere apprezzamenti e commenti positivi può essere un meccanismo compensativo che mettono in atto per colmare le loro lacune emotive ed esistenziali.
A volte basta poco per uscire da questo meccanismo un po' malato. Anteporre la vita vissuta a quella virtuale, impegnandosi in qualcosa che appassiona veramente e coltivando sane e vere relazioni nella quotidianità, è sicuramente il modo migliore di affrontare questo problema che, anche se non gravissimo, alla lunga rischia di rendere una persona sempre più insicura e di impoverirne la vita interiore. 

Nessun commento: