DiStImIcAmEnTe





QUANDO FU NON RICORDO,
MA VENNI PRESO UN GIORNO
DAL DESIDERIO D'UNA VITA VAGABONDA,
DANDOMI AL DESTINO D'UNA NUVOLA
CHE NAVIGA NEL VENTO,
SOLITARIA.
(Basho)

...ma ora...

STO DIVENTANDO VECCHIO.
UN SEGNO INEQUIVOCABILE E' CHE
LE NOVITA' NON MI APPAIONO INTERESSANTI
NE' SORPRENDENTI.
SON POCO PIU' CHE TIMIDE VARIAZIONI
DI QUEL CHE E' GIA' STATO.
(Borges)
Visualizzazione post con etichetta di maio. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta di maio. Mostra tutti i post

venerdì 17 gennaio 2025

Dalle 5 stelle alla Mezza Luna: la carriera di Giggino



 

Lettera 18

Dagosapiens, Di Maio riconfermato nel Golfo (Persico, non di Napoli); dalle 5 stelle alla Mezza Luna; dalle bibite al petrolio. Esticazzi! Uno vale una fort…una!

Vittorio Grillorosicaelecinquestellestannoaguardare ExInfeltrito

venerdì 28 gennaio 2022

DAGOSPIA, Lettera 15: A Giggì, salutame a soreta!

 



Lettera 15

Dagosapiens, “Elisabetta è mia sorella”. Pur di farsi grande l’arrivista Di Maio non esita ad appropriarsi 

della Belloni. 

Sarebbe bello sapere cosa pensa lei di quel suo nuovo fratello che si ritrova.

 

Vittorio AGiggìsalutameasoreta ExInFeltrito

 

giovedì 3 giugno 2021

Dagospia, lettera 16. MATTARELLA, PENSACI !

 LA LETTERA DI LUIGI DI MAIO AL FOGLIO LA LETTERA DI LUIGI DI MAIO

                                                                                AL FOGLIO

 

Lettera 16

Dagosapiens, al lungo elenco dei pentiti che abbiamo avuto in questo disgraziato Paese  -pentiti la cui credibilità è stata troppo spesso oggetto di dubbi-  si è aggiunto un nome: quello di Luigi Di Maio.

LA LETTERA DI LUIGI DI MAIO AL FOGLIO LA LETTERA DI LUIGI DI MAIO AL FOGLIO

Il nostro esimio Ministro degli Esteri, non contento della carriera che ha fatto grazie a Grillo, ai "Vaffa!" e al giustizialismo pentastellato, si è "pentito". Le virgolette sono d'obbligo dato che pare evidente il secondo fine del bibitaro: volare ancora più in alto nel cielo politico italiano.

E' ugualmente dubbio che con il suo stentato italiano Giggino sia stato in grado di scrivere "manu propria" quella  lettera; qualcuno gliela avrà scritta. Chissà: forse l'avvocato del popolo (popolo dei grillini)? Possiamo essere sicuri, invece, che non esce dalla penna del sommo Guru del M5s: questa volta l'irriducibile grillino Travaglio non ha potuto fare a meno di strigliare per bene e rimettere a riposo nella stalla i suoi due cavalli imbolsiti: Giggino e Giuseppi. Ma figurati se il Vate Quotidiano si rassegna a non provarci ancora col suo leguleio…

mario draghi luigi di maio 1 

Dunque, Dagosapiens, c’è solo da sperare che tu ti sbagli quando continui a dirci che Mattarella non accetterebbe un altro mandato. Abbiamo finalmente quale Capo del Governo una persona rispettata, ascoltata e, sì, anche temuta in Europa; e abbiamo come Presidente della Repubblica una persona seria e autorevole (al suo cospetto, i possibili candidati alla sua successione sembrano pupazzi).

Chi non chiede loro di restare ai loro posti è un incosciente; o uno che guarda all’interesse del proprio partito più che a quello dell'Italia.

Vittorio Mattarellapensaci! ExInFeltrito

 

 

lunedì 25 gennaio 2021

Di Maio scritto e orale

 




"Il presidente Conte ha detto chiaramente che qualora Renzi staccava la fiducia al governo..."

Luigi Di Maio ha anche scritto, testualmente: "Se c'è rischio che soggetti spiano massime istituzioni dello Stato qual è livello di sicurezza che si garantisce alle imprese e cittadini". 

Accortosi dell'errore, ci ha anche riprovato qualche ora dopo: "Se c'è rischio che massime istituzioni dello Stato vennissero spiate..."   

Dopo i due tentivi andati male su Twitter, Luigi Di Maio ci riprovò anche su Facebook: "Se c'è il rischio che due soggetti spiassero le massime istituzioni dello Stato..."


"il Movimento ha sempre detto che noi VOLESSIMO fare un referendum sull'euro"

«Le milioni di persone in piazza».

 "Paesi del Mediterraneo COME LA RUSSIA..."

"Quando incontro i miei ALTER EGO degli altri Paesi..."

"Queste tipo di pietre..." (Twitter)

«Se lavoreremo bene potremo ricucire il Paese soddisfando le esigenze..."

"...accellerazione... decellerazione..."



giovedì 23 gennaio 2020

venerdì 17 gennaio 2020

Di Maio contadino del Danubio


Una favola per il povero Di Maio

Da contadino del Danubio a ministro degli Esteri. Promozioni che non lo erano
17 Gennaio 2020 alle 16:49
17 Gennaio 2020 alle 16:49   Il Foglio

Povero Di Maio, a vederlo così assediato da furibondi che vogliono smembrarne il potere, ridicolizzato da leader internazionali poco diplomatici, piegato ai capricci di ambigui potentati informatici, eccetera, mi vien quasi voglia, per consolarlo, di raccontargli una favoletta. Si trova in La Fontaine ma pare risalga per tradizione orale addirittura ai tempi di Marco Aurelio.
  
C'era una volta un contadino del Danubio che, intercettando il malcontento dei propri pari, volle scendere fino a Roma a protestare. Quando riuscì a farsi ricevere in Senato, di fronte all'imperatore sbigottito elencò puntigliosamente le doglianze dei contadini danubiani: la povertà, le ingiustizie, le angherie e lo sfruttamento cui erano sottoposti dai governanti. Quando finì, attese tremebondo di venire fustigato, o magari condannato a morte; l'imperatore però, per tutta punizione, lo nominò patrizio così da farlo odiare dagli altri contadini.

Morale della favola: le nomine a capo politico, a vicepremier, a ministro degli Esteri, che Di Maio ha frainteso per riconoscimenti, sono in realtà altrettante punizioni. Gli conveniva restare contadino del Danubio, ruolo oggi equivalente allo steward del San Paolo.

lunedì 14 ottobre 2019

Il professor Di Maio



 Già nel Febbraio 2018 Di Maio era andato alla ormai famigerata Università Link a parlare di politica estera.  Ma di che cosa avrà mai parlato Giggino: di Napoli-Real Madrid? Del prezzo della Coca Cola al San Paolo? Del Venezuela di Pinochet? Ma dico: il ...dottor Scotti -va bè che il riso fa buon sangue- ma com’è che non ha pensato di invitare qualcuno più illuminato del bibitaro nel suo presti(digi)toso Ateneo? Oppure già sapeva che sarebbe diventato -ahimè- Ministro degli Esteri?
Vittorio DottorScotti! ExInFeltrito

lunedì 25 marzo 2019

Travaglio bagnino

Lettera 22
Dagosapiens, in tre giorni due articoloni di Travaglio sui corrotti e disonesti del passato per non farci pensare a quelli del presente. Ennesima ciambella di salvataggio lanciata al suo scugnizzo Giggino. Che affoga mentre Salvini gliela frega. 
Vittorio Marcobagnino ExInfeltrito

martedì 26 febbraio 2019

Due mandati? Vaffa...!


Ecco l'ultima bufala di Di Maio: "Tetto di 2 mandati non si tocca"

Considerato per anni un dogma intoccabile da Grillo, Di Maio e Di Battista, ora il limite dei due mandati può essere superato.

Beppe Grillo il 10 marzo 2017 rivendicava: "Il M5S è una comunità di cittadini fondata su delle regole. Sono poche, chiare e semplici. Proprio per questo inamovibili. Una delle regole fondanti è quella dei due mandati elettivi a qualunque livello. Consigliere comunale, sindaco, consigliere regionale, parlamentare nazionale ed europeo. Questa regola non si cambia né esisteranno mai deroghe ad essa". E l'ex comico citava poi le parole di Gianroberto Casaleggio: "Ogni volta che deroghi ad una regola praticamente la cancelli".
Nell'agosto dello stesso anno, Di Maio gli faceva eco: "Dai noi vale la regola dei due mandati e vale anche per me. Nel Movimento 5 Stelle chi pensa di fare un terzo mandato è fuori". E due mesi dopo rincarava la dose: "Non sono diventato capo politico per abolire la nostra regola dei due mandati, è uno dei nostri asset fondamentali". Passano i mesi e la solfa non cambia: "Non cambieremo nulla perché io sono orgoglioso di una regola che c'e' nel Movimento: qui puoi fare due mandati e poi torni a casa. Guardate che ha un grande effetto: i cittadini così fanno un contratto a tempo determinato ai politici e gli dicono in dieci anni devi realizzare questo obiettivo".
Nemmeno due mesi fa, eravamo al 31 dicembre, Di Maio poi sembrava tranchant: "La regola dei due mandati non è mai stata messa in discussione e non si tocca. Né quest'anno, né il prossimo, né mai. Questo è certo come l'alternanza delle stagioni e come il fatto che certi giornalisti, come oggi, continueranno a mentire scrivendo il contrario". 

La decrescita felice di Di Maio

I 5 Stelle passano dal 42 al 9%:


è la decrescita felice di Di Maio


NEL M5S SI APRE IL PROCESSO A DI MAIO DOPO LA SCONFITTA IN SARDEGNA - BEPPE GRILLO, DURANTE IL SUO SHOW A CATANIA, LANCIA STILETTATE: “SIETE IN DISSESTO, ANCHE ROMA È IN DISSESTO. CON CHI DEVO PRENDERMELA, CON DI MAIO? FORSE NON SIAMO ALL'ALTEZZA, SIAMO PRINCIPIANTI COME DICONO…”


CILIEGINA SULLA TORTA (ANDATA A MALE) DEI GRILLINI:

DI MAIO: "Non si canti la morte del cigno, questo governo durerà altri 5 anni e io sarò capo politico per altri 4 anni". 
"Non intendo avallare questo continuo comportamento che fa passare il Movimento come una forza politica incompetente. Siamo sempre più forti e coesi, porteremo a casa tutti i punti del contratto".


Tutto sommato, dal "Vaffa..." all' "Andiamoaffa..." il passo è stato breve. Il barcone carico di grillini affonda e s'alza il grido: "Si salvini chi può!". Ma a salvarli non c'è nemmeno una ong: il socio gli ha tolto pure quelle. 
Vittorio Tragediainmare ExInFeltrito


lunedì 25 febbraio 2019

M5s moribondo in Sardegna

Elezioni Sardegna, ecatombe M5s 

Di Maio perde 32 punti in un anno. 



§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§

sabato 2 febbraio 2019

La patria si salva dal Mississippi

02 febbraio 2019
M A   C H I   C . . . O   E'   M I M M O  P A R I S I  ???


Reddito di cittadinanza, 10 domande al governo su un mistero di nome Mimmo Parisi

Il vicepremier Luigi Di Maio lo ha presentato come nuovo presidente dell’Anpal e come colui che, tramite il sistema informatico creato nel Mississippi, rivoluzionerà i centri per l’impiego aiutando i navigator a incrociare domanda e offerta di lavoro. Ma c’è il pericolo di un conflitto di interesse.


(Da Linkiesta, editoriale di Francesco Cancellato)
Il reddito di cittadinanza è una misura molto importante. Perché ci costerà circa 7 miliardi di euro ogni anno. Perché ci è costato tanti punti di spread, un bel po' di denaro preso a debito e tanta credibilità in Europa. Ma anche e soprattutto perché sarà il principale strumento nelle mani dello Stato per combattere la disoccupazione e la povertà, due tra le più grandi emergenze sociali del nostro Paese. Per questo vogliamo che sia fatto bene, che sia efficace, che cambi davvero il welfare italiano - unico Paese europeo insieme alla Grecia a non avere uno strumento di sostegno universale al reddito.
Se il buongiorno si vede dal mattino, siamo più preoccupati che speranzosi. Soprattutto, lo siamo a causa dell'opacità di cui si circondano le politiche attive del lavoro, quell'insieme di strumenti che dovrebbe consentire a ogni percettore del reddito di cittadinanza di formarsi, riqualificarsi e trovare un lavoro adatto alle proprie capacità e alle proprie aspettative. Un'opacità che, per ora, ha un nome, un cognome e un soprannome: Domenico "Mimmo" Parisi, il super esperto italo-americano chiamato dal ministro Luigi Di Maio a presiedere l'Anpal, l'Agenzia nazionale per le politiche attive per il lavoro.
(Dall'articolo de Linkiesta Reddito di cittadinanza, 10 domande al governo su un mistero di nome Mimmo Parisi)
È stato presentato come colui che decreterà il successo del reddito di cittadinanza, scelto dal vicepremier Luigi Di Maio per guidare l'Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (Anpal) e seguire la riforma dei centri per l'impiego. Ma prima d'ora nessuno aveva mai sentito parlare dell'italo-americano Domenico Parisi, detto Mimmo, classe 1966, originario di Ostuni, professore di Demografia e statistica all'Università Statale del Mississippi, Stati Uniti, e direttore del National Strategic Planning and Analysis Research Center. «Ci siamo conosciuti qualche mese fa alla Camera. Lui mi ha raccontato quello che sta facendo in Mississippi, con i centri per l'impiego e con gli strumenti di sostegno e di contrasto alla povertà, e ci ha conquistati tutti», ha detto Di Maio dal palco della convention Cinque Stelle per la presentazione del reddito di cittadinanza, presentandolo come futuro «capo dell'Anpal» (anche se la nomina ufficiale, controfirmata da parte del presidente della Repubblica, non è ancora avvenuta). Eppure ci sono delle domande che vorremmo fare al ministro Di Maio e al governo, prima di affidare un ruolo pubblico e una riforma centrale come quella dei centri per l'impiego a un esperto venuto dagli Stati Uniti di cui si sa poco o nulla, se non che ha inventato un software per l'incrocio della domanda e offerta di lavoro, e fondato proprio lo scorso maggio negli States una nuova società.
Uno. Come è stato scelto Mimmo Parisi in qualità di nuovo presidente di Anpal? 
Di Parisi non si sapeva nulla, fino al momento in cui Di Maio lo ha nominato come mentore nella riforma dei centri per l'impiego abbinata al reddito di cittadinanza. Quello che sappiamo, dal suo cv di 20 pagine che si trova online, è che Parisi ha conseguito un dottorato in "Sociologia rurale" nel 1998 e che dal 2007 è professore ordinario presso l'università del Mississippi, ateneo che si piazza al 177esimo posto su 312 nella graduatoria U.S. News & World Report College and University. Non esattamente il più importante tra gli atenei americani. In più, le questioni del lavoro non risultano centrali nelle pubblicazioni accademiche del professore. Nonostante questo, sappiamo anche che, attraverso il National Strategic Planning and Analysis Research Center, di cui è direttore, ha creato il Mississippi Works, una app che, utilizzando i Big Data, incrocia domanda e offerta di lavoro nello Stato del Mississippi.
Due. Come sono entrati in contatto Parisi e Di Maio? Come si sono conosciuti?
Ad oggi sappiamo, da quanto ha raccontato Di Maio, che si sono conosciuti «qualche mese fa alla Camera». Tramite una ricerca web si può sapere che Parisi ha tenuto una lezione sulle smart city nel settembre 2018 alla Libera Università Mediterranea Jean Monnet di Casamassima (Bari), fondata dall'imprenditore ed ex senatore di Forza Italia Giuseppe Degennaro. E che nell'agosto 2018 Fucsia Nissoli, deputata di Forza Italia eletta in Nord e Centro America, è stata la prima deputata italiana a fare visita alla Mississippi State University, partecipando a una conferenza con il professor Mimmo Parisi.
Tre. Perché per riformare i centri per l'impiego italiani è stato scelto un professore del Mississippi? E ancora: perché scegliere il modello di flexsecurity del Mississippi e non quello di un qualsiasi altro Stato europeo?
Da quello che ci risulta, come più volte ribadito anche da diversi esponenti Cinque Stelle, il ministro Di Maio ha incontrato nei mesi scorsi delegazioni di esperti dei centri per l'impiego tedeschi - un modello imitato da tutti in Europa - che avevano prospettato invece una riforma strutturale che sarebbe arrivata a compimento nel giro di quattro anni. Risulta strano non sia stata battuta questa strada, o quella di qualunque altro Stato europeo con un modello analogo, anche perché tutti i Paesi europei hanno un sostegno universale al reddito e un sistema di politiche attive del lavoro. Potevamo prendere ad esempio quelle francesi, spagnole, portoghesi, Paesi molto simili al nostro per composizione sociale e modello di sviluppo economico. Abbiamo scelto il Mississippi.

venerdì 11 gennaio 2019

Ma Conte fa l'avvocato o il primario di neuropsichiatria?

La fortuna di questa specie di governo-Corrida-dilettanti-allo-sbaraglio è che si ritrova con  un'opposizione allo sbando, sindacati in crisi e zitti, un Conte-PadrePio che gioca a fare il primario di una gabbia di matti, elettori-sognatori che non vogliono ancora scendere dalle nuvole di internet, Travagli-Frecceri & C. influencers di grido e, purtroppo, milioni di Italiani scontenti che non essendo di quelli che scendono nelle piazze (al massimo scrivono a Dagospia), aspettano che il governo cada per manifesta incapacità e per i suoi conflitti interni. Dicono che dureranno cinque anni: cinque anni cosììì??? Dài, sù, ragazzi, siete grandicelli ormai, basta giocare al dottore con 'sta povera ingenua bambinetta che si chiama Italia. 

Vittorio Cinqueannialmanicomio ExInFeltrito

lunedì 19 novembre 2018

Travaglio, perchè Di Maio non è ancora Cazzaro?

Se googli "Cazzaro di Rignano" ti viene fuori Travaglio con Renzi; se googli "Cazzaro Verde" esce Travaglio con Salvini; se googli "Cazzaro Pentastellato" non viene fuori niente. Porca miseria, Dago: vogliamo dire al solitamente attentissimo Travaglio che Di Maio, poveretto, non merita di essere dimenticato? 
Vittorio Icazzariditravaglio ExInFeltrito

martedì 13 novembre 2018

Giornalisti, sciacalli, pennivendoli, puttane...



Lettera 17
Caro Dago, sbaglio o anche tu sei giornalista? Pennivendolo, sciacallo o puttana? 
Vittorio Dovesiamoarrivati ExInFeltrito

giovedì 25 ottobre 2018

Il tunnel dello spread


Lettera 21
Tria, ieri sera: lo spread così alto “non è sostenibile a lungo”. Conte, stamattina: lo spread “se resta alto diventa un problema”. Poi, magari domani Salvini: “Chi se ne frega dello spread”. Di Maio, dopodomani: “Ho trovato la quadra”. Toninelli, al suo risveglio: “Se trovo il tunnel ne usciremo”. Ma questa specie di governo di sognatori che fino al 6 marzo regalava illusioni si sveglia adesso? Non so tu, Dago, ma io non ho il coraggio di guardare come stanno i miei risparmi.
Vittorio Depauperato ExInFeltrito

sabato 6 ottobre 2018

Di Maio in peggio



Luigi Di Maio, il principe delle fake news, titolo nobiliare guadagnato annunciando dal balcone di Palazzo Chigi di aver sconfitto la povertà sulla base di una finanziaria di cui non ha ancora scritto nemmeno i numeri, accusa il Gruppo Espresso di essere produttore di fake news. Meglio, sostiene che I giornali stanno morendo perché producono fake news.
E se questa è la vera ragione della crisi della carta stampata, viene da dire che abbiamo almeno trovato anche la ragione per cui anche la popolarità di Di Maio sta calando rovinosamente. Lo scrive Pagnoncelli oggi sul Corriere, ma siamo certi che, quando tocca i pentastellati, si tratti di fake news.
Come si vede, scherzare sugli attacchi ai giornalisti e sul vittimismo da parte dei 5stelle è piuttosto facile. Di serio, in tutta questa commedia dell'arte delle dichiarazioni contro la stampa, c'è un solo elemento: che i 5 stelle vogliono davvero la testa del Gruppo Espresso. Operazione del resto annunciata fin dall'inizio della legislatura con un'azione di moralizzazione pubblica affidata al senatore Crimi. Il gruppo Espresso era tra gli obiettivi citati e, a questo punto, si può dire che è anche il principale obiettivo.
Le ragioni per focalizzare sul nostro gruppo sono ovvie, ma le ripeto così che nessuno possa dire che non avevamo avvertito. 1) infamare la reputazione di un grande gruppo come quello dell'Espresso serve bene alla tipica tattica pentastellata di "picchiarne uno per educarne cento", tattica molto efficace in questo panorama di cuor di leone di cui è fatta l'editoria italiana; 2) smantellare il Gruppo Espresso secondo i Pentastellati libererebbe lettori e risorse che immaginano di poter redistribuire all'editoria amica (una idea che una fake news in sé); 3) soprattutto, il Gruppo Espresso fa cocciutamente, e intende continuare a fare, opposizione all'attuale governo.
Non temete. Non intendo a questo punto fare la solita tirata sulla libertà di stampa. Che i Cinque Stelle vogliano tutto questo non mi sconvolge e non mi scandalizza. Ogni premier nel mondo degli ultimi 30 anni, ha avuto un aggressivo approccio ai media. Tanto per dire, avanzo il nome di Blair che con I suoi consiglieri è stato l'architetto-avvelenatore del rapporto media-politica, per citare, con tutte le dovute sfumature, Clinton, Putin, Matteo Renzi e Donald Trump.
Il giornalismo è un potere, ed è legittimo che la politica voglia toglierselo dai piedi. Quello che trovo noioso, fino al punto di essere stucchevole, è il bisogno dei Pentastellati di nascondere questa lotta estrema fra due poteri. Il bisogno di coprire le loro tracce interpretando sempre Cappuccetto Rosso e mai il lupo. Persino quando sono al governo ormai da mesi e con percentuale di consenso politico assoluto.
Questo scontro media-politica non si presta a nessuna retorica. Né quella della libertà, né quella della santità.
Noi giornalisti siamo qui. Anello debole di una catena stretta fra gli editori e la politica. Ma non siamo vittime. Siamo anzi perfettamente in grado di decidere cosa vogliamo, cosa facciamo e scriviamo. Sappiamo che le nostre scelte sono pubbliche e accettiamo che ne subiremo, nel bene e nel male, le conseguenze, come è sempre successo.
Sarebbe utile che, da parte della politica, i Pentastellati arrivassero a loro volta, uno di questi giorni, mesi o anni, alla maturità di ammettere i loro appetiti, il loro infinito desiderio di potere. Facendo infine come hanno fatto tutti I grandi leader - dare al mondo la forma che loro vogliono, senza nel frattempo pretendere anche di avere il plauso di tutti. Anche di chi non è d'accordo con loro.

lunedì 1 ottobre 2018

Sempre più gomplotto...

30.9.2018

DI MAIO: 

''STAMATTINA A QUALCUNO NON ANDAVA BENE CHE LO SPREAD NON SI FOSSE IMPENNATO, SI È SVEGLIATO E HA PENSATO BENE DI FARE UNA DICHIARAZIONE CONTRO L'ITALIA''.



Moscovici: 

«Quello che può creare turbolenze non sono le mie parole
 ma quello a cui reagisco».

------------------------------------------------------------------------------

POLITICA
01/10/2018 20:46  Huffington Post

L'Europa boccia il 2.4% italiano: "Non è credibile, 

tenteremo di convincere Roma a tornare indietro"

L'Eurogruppo chiede spiegazioni a Tria, il ministro anticipa il rientro per rifare i conti... 

-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------


Manovra, Salvini: “Me ne frego di Bruxelles".

-------------------------------------------------------------------
28.9.2018


Si è chiusa con una perdita del 3,7 per cento e 22,2 miliardi di capitalizzazione bruciata una delle sedute più difficili degli ultimi anni di Piazza Affari, che ha bocciato la 'manovra economica del popolo' impostata dal governo giallo-verde e che dovrà passare al vaglio dalla Commissione europea. Il livello di deficit rispetto al pil, fissato al 2,4 per cento rispetto a una previsione iniziale sotto il 2 per cento, ha deluso gli investitori che, fin dalle prime negoziazioni, hanno fatto scattare le vendite sul listino milanese intimoriti dal progressivo allargamento dello spread con i titoli tedeschi che è indicativo dell'aumento del rischio paese (dopo essere arrivato a 280 punti base, il differenziale si è poi assestato a quota 267 a fronte di 220-230 dei giorni scorsi). Ad andare giù sono stati soprattutto i bancari (Banco Bpm -9,4 per cento, Intesa -8,4 per cento, Bper -8,3 per cento, Ubi -7,8 per cento). In mattinata gli indici della Borsa hanno subito perdite anche maggiori, ma nel pomeriggio, il lieve ridimensionamento dei rendimenti dei btp a 10 anni e del differenziale con i tedeschi, accompagnato dalla risalita di Wall Street e dalla nuova corsa del prezzo del petrolio, hanno contribuito a ridurre il passivo del Ftse Mib, seppure la caduta di Milano si colloca al 12esimo posto tra le peggiori performance del listino dal 2014. Ecco i primi commenti a caldo di analisti e operatori di Borsa.
   
Andrea Delitala (Pictet Asset Management):
 “La nota di aggiornamento al Def, con il deficit al 2.4 per cento del pil per il 2019 e i due anni successivi, rappresenta uno slittamento notevole rispetto ai numeri che erano stati prospettati dal Mef nei giorni scorsi; i mercati finanziari sono stati delusi rispetto alle attese poiché questi saldi sono incompatibili con una riduzione strutturale del rapporto debito-pil. Il documento con le stime economiche non è ancora stato pubblicato tuttavia, se dovesse essere confermata la mancata convergenza (verso il basso) del deficit e del debito, ne uscirebbe stravolta la disciplina di finanza pubblica con il rischio concreto di andare ad uno scontro con le istituzioni europee”. E se invece lo scontro fosse evitato come ne uscirebbe la credibilità delle regole europee di buona condotta finanziaria? “Altrettanto delicato per implicazioni di mercato è il parere delle agenzie di rating: a fine agosto lo spread vicino a 300 punti base scontava un downgrade per il debito Italiano, ed ora ci stiamo riavvicinando rapidamente a quei valori. Il problema è il punto di partenza del rating italiano, molto prossimo alla perdita dello status di paese 'investment grade'. La perdita di questo giudizio provocherebbe l’esclusione dell’Italia dai più importanti indici obbligazionari mondiali, scatenando la liquidazione forzata di titoli di Stato italiani da parte di molti investitori esteri, oltre a non renderli acquistabili dalla stessa Bce”.
  
Adrian Hilton (Columbia Threadneedle Investments):

“La proposta di un piano con un deficit del 2,4 per cento non è in sé una catastrofe, e rientra comunque nei limiti di Maastricht. Ma nelle ultime settimane, i mercati erano stati portati a credere – dal più moderato ministro delle finanze Tria – che una percentuale inferiore al 2 per cento fosse più probabile, e gli spread si erano in qualche modo stabilizzati. Il tutto è cambiato in modo molto brusco ieri sera. La prospettiva di un’uscita dell’Italia dall’Eurozona sarebbe stata impensabile qualche anno fa; a nostro avviso, è comunque una prospettiva che continua ad essere improbabile (ma che non è più impossibile da immaginare, se consideriamo il successo dei movimenti euroscettici in questo paese). La nostra preoccupazione principale al momento è il possibile deteriorarsi ulteriore del contesto economico: il vero rischio per l’Italia potrebbe materializzarsi quando, senza sufficienti riserve strutturali per abbassare la crescita dei tassi, la dimensione del surplus primario richiesto per stabilizzare il rapporto debito-pil potrebbe diventare irraggiungibile. Questa volatilità non aiuta di certo il sentiment nei confronti dell’Italia e permane anche il rischio che possibili downgrade da parte delle agenzie di rating possano aggravare ulteriormente la crisi.

Antonio Cesarano (Intermonte Sim):
“L’impressione è che il vero timore degli operatori non sia tanto il contenuto della manovra quanto piuttosto l’eventuale intensificazione dello scontro con la Commissione europea, ben prima della presentazione del disegno di legge di bilancio e della relativa valutazione della Commissione previsto entro fine novembre. Rispetto all’analoga reazione del mese di maggio (quando divenne alto il timore di elezioni anticipate a fine luglio) oggi si sta registrando una relativa buona tenuta della parte a breve, con spread 2-10 anni btp che per ora sta tenendo sopra i 200 punti base. A fine maggio tale spread si posizionò temporaneamente sotto i 100 punti base. La reazione dei mercati appare preoccupata, a giudicare dall’allargamento dello spread, ma con alcuni spiragli aperti, come dimostrato dalla relativa buona tenuta della parte a breve termine dei btp. In altri termini è come se gli operatori, digerito il 2,4 per cento del deficit-pil stessero attendendo a questo punto i dettagli della composizione per comprendere quale sarà l’atteggiamento verso la Commissione europea. La presenza di voci di spesa più collegate agli investimenti insieme a toni più concilianti da parte del governo, potrebbero aiutare a rendere prevalenti gli spiragli positivi”.