DiStImIcAmEnTe
QUANDO FU NON RICORDO,
MA VENNI PRESO UN GIORNO
DAL DESIDERIO D'UNA VITA VAGABONDA,
DANDOMI AL DESTINO D'UNA NUVOLA
CHE NAVIGA NEL VENTO,
SOLITARIA.
(Basho)
...ma ora...
STO DIVENTANDO VECCHIO.
UN SEGNO INEQUIVOCABILE E' CHE
LE NOVITA' NON MI APPAIONO INTERESSANTI
NE' SORPRENDENTI.
SON POCO PIU' CHE TIMIDE VARIAZIONI
DI QUEL CHE E' GIA' STATO.
(Borges)
giovedì 19 dicembre 2019
lunedì 16 dicembre 2019
Povera Greta, seduta per terra!
GRETA
VOLEVA FARE LA PICCOLA FIAMMIFERAIA MA VIENE BLASTATA DALLE FERROVIE
TEDESCHE - LA THUNBERG TWITTA UNA SUA FOTO SEDUTA PER TERRA, TRA I
BAGAGLI, ''SU UN TRENO STRAPIENO'', MA DEUTSCHE BAHN NON CI STA:
''PECCATO CHE TU NON ABBIA ANCHE RACCONTATO COME TU SIA STATA POI
ACCOLTA IN UN POSTO DI PRIMA CLASSE, COME IL GRUPPO CON CUI VIAGGIAVI'' -
ALLORA L'ECO-ATTIVISTA E' STATA COSTRETTA AD AMMETTERE CHE…
greta thunberg su treno tedesco
LE FERROVIE TEDESCHE REPLICANO A GRETA THUNBERG
GRETA THUNBERG COSTRETTA A REPLICARE
Greta
Thunberg fa ritorno a casa, ma il treno tedesco è pieno e lei twitta la
sua foto seduta per terra tra le valigie, con scritto: "Viaggio su un
treno sovraffollato attraverso la Germania e finalmente torno a casa". E
fin qui tutto bene, la 16enne ambientalista ieri ha preso le ferrovie e
non l'aereo per limitare l'impatto del suo viaggio sull'inquinamento
ambientale, perno della sua battaglia. E come molti giovani non si è
formalizzata non trovando posto, e si è seduta a terra, l'importante in
fondo è rientrare nella natia Svezia dopo oltre quattro mesi di viaggio
per terra e per mare.
Ma
il tweet non è andato a genio alle Deutsche Bahn, la società
ferroviaria tedesca che cura la tratta da Francoforte ad Amburgo, che ha
riconosciuto il pavimento del suo vagone nella foto di Greta. Ne è nato
un battibecco tra l'adolescente capace di scuotere l'Onu, e la società
tedesca, che oggi ha replicato sempre su Twitter: "Cara Greta, grazie
per il tuo sostegno agli impiegati delle ferrovie nella nostra lotta
contro il cambiamento climatico. Siamo contenti che sabato hai viaggiato
con noi sul treno ICE 174" ad alta velocità. Poi aggiungendo la
stoccata: "Sarebbe stato più gentile se avessi anche citato il modo
amichevole e competente in cui sei stata trattata dal nostro personale
in prima classe".
La
Thunberg, che in fatto di risposte sui social non si fa pregare (la
scorsa settimana era stata criticata da Donald Trump, e lei aveva
ribattuto prontamente al presidente americano), ha commentato il seccato
tweet delle ferrovie tedesche spiegando che il suo treno da Basilea era
stato annullato, e che aveva dovuto sedersi a terra su due treni, prima
di trovare un posto in prima classe a partire da Goettingen, e
assicurando: "Questo naturalmente non è un problema e non ho mai detto
che lo fosse".
Infine
Greta ha chiuso la polemica aggiungendo che "i treni sovraffollati sono
un ottimo segno perché significa che la richiesta di viaggi in treno è
alta!". La Deutsche Bahn da parte sua non ha smentito il racconto della
giovane e il fatto che non abbia trovato posto prima di Francoforte,
metà strada del tragitto per andare da Basilea ad Amburgo.
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OK, Greta; ciò non toglie che la foto che hai scelto è quella seduta per terra, non in Prima Classe...
Greta, torna in barca e salva il pianeta!
Lettera 2
Dagosapiens,
la conferenza sul clima si chiude con ...un buco nell'acqua. Greta si e
ci rallegrerà con qualche altra crocierina in barca e relativi titoloni
sui media.
Vittorio Tornainbarcagretaesalvailpianeta! ExInFeltrito
....bla...bla...bla...
etc. etc.
Cattelan appende la banana al chiodo
Muoio d'invidia: a Cattelan hanno dato 120.000 dollari per dirci, con la sua banana appesa al muro, che lui non scopa più.
Vittorio Anchioanchio! ExInFeltrito
Vittorio Anchioanchio! ExInFeltrito
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Ciao Bella Ciao
“DA NOI VANNO IN PIAZZA DIVERSE TIPOLOGIE DI COGLIONI, TIPO LE SARDINE” - MASSIMILIANO PARENTE: “COM’È CHE OGNI VOLTA CHE SI RITROVA IN PIAZZA UN’OPPOSIZIONE DI SINISTRA, DI GIOVANI, DI RIBELLI, DEVONO CANTARE QUELLA CAGATA DI BELLA CIAO? POSSIBILE NON CI SIA NESSUN’ALTRA CANZONE? SE IN ITALIA NON ENTRAVA LA QUINTA ARMATA DEL GENERALE CLARK QUI STAVAMO ANCORA A CAMMINARE CON IL PASSO DELL’OCA, ALTRO CHE PARTIGIANO. FOSSI UN GIOVANE ANTIFASCISTA E ANTICOMUNISTA CANTEREI L’INNO AMERICANO…”
https://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/ldquo-noi-vanno-piazza-diverse-tipologie-coglioni-tipo-221880.htm
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martedì 3 dicembre 2019
L'aureola di San Giuseppi
Lettera 3
Dagosapiens,
nel caso stasera, dopo "Le Iene", San Giuseppi volesse querelarle per
sottrazione di aureola, conosci un buon avvocato da consigliargli? Che
ne dici di un certo avvocato Guido Alpa?
Vittorio Restiamoinfamiglia ExInFeltrito
giovedì 28 novembre 2019
Fico, vuoi sposarmi?
Lettera 16
Dagosapiens,
in Parlamento i nostri Onorevoli (?) un giorno fanno una rissa davanti
alle scolaresche in visita; il giorno dopo si fanno le proposte di
matrimonio durante gli interventi; poi uno fa gli auguri all'altro. E il
Presidente Fico, cosa fa? Qualche frasetta stentatella e avanti.
Povera, povera Italietta.
Vittorio Ficovuoisposarmi? ExInFeltrito
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giovedì 14 novembre 2019
martedì 5 novembre 2019
30 e lode in Rave Party
Lettera 15
Dagosapiens, il Rettore della Statale di Milano dice: “Queste feste abusive sono state tollerate per molti anni (…) una decina di studenti ci ha impedito di chiudere un portone (…) serve un’assunzione di responsabilità". Ma non sono i Rettori i primi (ir)responsabili se "per molti anni" tollerano rave-parties illegali all’interno delle Università? Conoscono un po’ di inglese? Sanno che “rave” vuol dire “selvaggio”? Tollerano "per molti anni" che i selvaggi la facciano da padroni e poi si lagnano?
Vittorio Allibito ExInFeltrito
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martedì 29 ottobre 2019
Travaglio fa il freeclimber sugli specchi dell'Umbria
Travaglio, famoso scommettitore sui cavalli sbagliati, ieri, per dimenticare, e per riuscire ad arrampicarsi sugli specchi, deve aver alzato il gomito.
Scrive infatti il Vate: "Quando si perde con 20 punti di distacco, ogni recriminazione è tempo perso". Ma poi: "Le alleanze inedite non si giudicano da un primo, frettoloso e disperato esperimento". E anche: "I 5Stelle hanno migliorato tutta la politica. Inclusi se stessi". A seguire: "ll Conte 2 esce non indebolito, ma paradossalmente rafforzato". Ma poi: "Il Conte 2: ... se non ci credono le forze che lo compongono, non possono pretendere che ci credano i cittadini." E, arrampicata finale: "L'Umbria passerà, tra due giorni nessuno si ricorderà più di quel voto".
Vittorio Cin-cin! ExInFeltrito
venerdì 18 ottobre 2019
Vaffa...anziani!
Lettera 15
Dagosapiens, ora Grillo lancia il suo “Vaffa!” contro gli anziani: vuole privarli del voto ed eliminarli dalla scena politica. Cominci lui e si autoelimini! Poi, in quanto al voto ai sedicenni: perché mai a 16 anni uno, con il suo voto, dovrebbe rendersi responsabile del futuro del suo Paese rimanendo però minorenne per tutto il resto?
Vittorio Vaffanziano ExInFeltrito
giovedì 17 ottobre 2019
Il Bullo del Fatto e il Bullo di Rignano
Lettera 12
Dagosapiens, giorni fa Travaglio ha scritto che Renzi esiste solo perchè ne parlano sempre i giornali, i quali non dovrebbero più parlare di lui. Verso sera sul Fatto-online un bel titolone di apertura su Renzi da Vespa; più giù, altri due articoli. Ieri un altro articolo. Oggi ancora. Come la mettiamo, Travaglio? Il Fatto non è un giornale? O può avere l’esclusiva sul Bullo di Rignano?
Vittorio IlBullodelFatto ExInFeltrito
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lunedì 14 ottobre 2019
Il professor Di Maio
Già nel Febbraio 2018 Di Maio era andato alla ormai famigerata Università Link a parlare di politica estera. Ma di che cosa avrà mai parlato Giggino: di Napoli-Real Madrid? Del prezzo della Coca Cola al San Paolo? Del Venezuela di Pinochet? Ma dico: il ...dottor Scotti -va bè che il riso fa buon sangue- ma com’è che non ha pensato di invitare qualcuno più illuminato del bibitaro nel suo presti(digi)toso Ateneo? Oppure già sapeva che sarebbe diventato -ahimè- Ministro degli Esteri?
Vittorio DottorScotti! ExInFeltrito
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domenica 6 ottobre 2019
Greta Thunberg è una "testa calda"?
Lo scienziato Franco Prodi, climatologo e studioso dell'atmosfera di fama mondiale, è convinto che la battaglia portata avanti dalla sedicenne svedese Greta Thunberg e dal movimento Fridays For Future, non stia andando nella giusta direzione: “Con Greta - dice- siamo di fronte a un abbaglio mondiale”.
Perché, Professore?
Perché questo movimento incanala nella direzione sbagliata, cioè la lotta al riscaldamento globale, quella che è in realtà un’urgenza giusta, ovvero la salvaguardia del pianeta.
Perché sarebbe la direzione sbagliata?
Perché, al momento, nessuna ricerca scientifica stabilisce una relazione certa tra le attività dell’uomo e il riscaldamento globale. Perciò, dire che siamo noi i responsabili dei cambiamenti climatici è scientificamente infondato.
Il cambiamento climatico è un falso?
No, io non nego affatto che ci siano i cambiamenti climatici. La storia del nostro pianeta è anche la storia dei cambiamenti climatici che si sono susseguiti nel tempo.
Quali, per esempio?
Nel tardo Medioevo, intorno all’anno 1200, è noto che la temperatura della Terra aumentò significativamente. Così come sappiamo che a metà del diciassettesimo secolo ci fu un fenomeno inverso, ovvero una piccola glaciazione. In entrambi i casi, l’uomo non aveva ancora sviluppato tutte quelle attività industriali che oggi sono considerate responsabili dei cambiamenti climatici. Come si può dire, dunque, che per il 95 per cento è colpa dell’uomo?
Ma il riscaldamento globale c’è o non c’è?
I dati che abbiamo a disposizione dicono che, dai primi anni dell’ottocento (quando sono state state impiantate le prime stazioni meteorologiche in diverse parti del mondo), la temperatura media globale è cresciuta ogni secolo di un decimo di grado. Questo è innegabile, nessuno lo contesta. Ciò che è in discussione, nella comunità scientifica, è la causa di questa crescita.
Cosa si sa per certo?
Che il clima terrestre è il risultato dello scambio di due flussi di fotoni: uno che dal Sole va verso la Terra, e l’altro che sale dalla Terra verso l’esterno. Come sa, il Sole è un corpo che misura quasi 6 mila gradi kelvin. La Terra, invece, ha una temperatura di 300 gradi kelvin, circa 25,5 gradi centigradi. È come se da una parte ci fosse una lampada, e dall’altra una palla di vetro. In mezzo a esse, l’atmosfera.
Cosa significa concretamente?
Che la temperatura della palla di vetro dipende da una molteplicità di fattori, tra cui la distanza che c’è tra la lampada e la palla di vetro. Una distanza che non è sempre costante, e che dipende da una molteplicità di fattori che non sono facilmente calcolabili. Per questo, non possiamo stabilire con esattezza quanto il riscaldamento climatico sia responsabilità dell’uomo e quanto, invece, dipenda da altri fattori.
Perché la scienza è così incerta?
Perché la scienza del clima è ancora nell’età dell’infanzia. È nata nel 1800. Prima non esisteva nulla di paragonabile. E con i modelli che ha a disposizione, può solo elaborare degli scenari incompleti. Incompleti, soprattutto, se qualcuno intende basare su di essi il destino dell’umanità. Farlo, non sarebbe un atto di coscienza ecologica. Piuttosto, di incoscienza scientifica.
Ma lei si allarma o no quando legge che una parte del Monte Bianco si sta sciogliendo?
Sinceramente no, non mi allarmo. Sono fenomeni che abbiamo già conosciuto. La pianura padana, per dire, era un’enorme ghiacciaio. Poi, la vita è ripresa.
Perché lei è uno dei pochi scienziati a dire queste cose?
Sono uno dei pochi, ma non sono l’unico: sia in Italia, sia nel mondo. Peraltro, non è nella mia natura essere controcorrente. Le confesso che, a volte, mi sento anche a disagio nel ruolo di grillo parlante.
Però?
Perònon posso fare a meno, quando parlo, di parlare facendo riferimento alle conoscenze scientifiche che abbiamo a disposizione, e che non dicono quello che il regime catastrofista che domina il discorso pubblico vorrebbe che dicessi. Tutto qui.
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“I GIOVANI SI METTANO A STUDIARE POI NE RIPARLIAMO” - FRANCO PRODI , FRATELLO DI ROMANO E STUDIOSO DI FISICA DELL’ATMOSFERA, SCIOGLIE LE TRECCE A GRETA E AI GRETINI: “NON CAPISCO GLI SCIENZIATI CHE INSEGUONO UNA RAGAZZINA DI 16 ANNI. REGNA UN CONFORMISMO CHE MI FA PARLARE QUASI DI REGIME. FIORAMONTI DOVREBBE INVITARE I RAGAZZI A STUDIARE. HO VISTO MOLTI SCENDERE IN PIAZZA SENZA…"
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domenica 29 settembre 2019
Come smontare Greta scientificamente
COME SMONTARE GRETA CON NUMERI, SCIENZA E ANALISI POLITICA - IL RICERCATORE MARIUTTI: ''LE SUE PAROLE SONO UN PARAVENTO DI INTERESSI E IPOCRISIA, UN'IDEOLOGIA REAZIONARIA E PATERNALISTICA IN CUI QUELLI CHE SI CONSIDERANO I 'MIGLIORI' (I RICCHI SVEDESI EUROPEI) IMPONGONO LE LORO PRIORITÀ DEL MOMENTO AGLI ALTRI. MA IN AMERICA TRUMP HA VINTO GRAZIE AI VOTI DEGLI STATI CHE CHIEDEVANO DI NON CHIUDERE LE MINIERE DI CARBONE, IN FRANCIA I GILET GIALLI COMBATTONO CONTRO LE ACCISE SUL DIESEL DEI LORO CAMION. IL PROBLEMA NON SI PUÒ AFFRONTARE IGNORANDO LA MEDIAZIONE CON LA SOCIETÀ''
(da Dagospia)
https://www.dagospia.com/rubrica-29/cronache/ldquo-giovani-si-mettano-studiare-poi-ne-riparliamo-rdquo-franco-215670.htm
(da Dagospia)
https://www.econopoly.ilsole24ore.com/ (21 aprile 2019)
L’autore è Enrico Mariutti, ricercatore e analista in ambito economico ed energetico. Founder della piattaforma di microconsulenza Getconsulting e vice presidente dell’Istituto Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie (IsAG) –
https://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/come-smontare-greta-numeri-scienza-analisi-politica-ricercatore-214965.htm
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“I GIOVANI SI METTANO A STUDIARE POI NE RIPARLIAMO” - FRANCO PRODI , FRATELLO DI ROMANO E STUDIOSO DI FISICA DELL’ATMOSFERA, SCIOGLIE LE TRECCE A GRETA E AI GRETINI: “NON CAPISCO GLI SCIENZIATI CHE INSEGUONO UNA RAGAZZINA DI 16 ANNI. REGNA UN CONFORMISMO CHE MI FA PARLARE QUASI DI REGIME. FIORAMONTI DOVREBBE INVITARE I RAGAZZI A STUDIARE. HO VISTO MOLTI SCENDERE IN PIAZZA SENZA…"
martedì 24 settembre 2019
Salviamo Greta dalla ...fama nel mondo
Lettera 17
Dagosapiens:
“Come osate?!”; “Come vi permettete?”; “Mi avete rubato l’infanzia!”.
Come tutti quelli che hanno a disposizione microfoni e telecamere a
volontà anche la povera Gretina, dopo essersela montata, perde la testa.
Ma quale infanzia le è stata rubata??. “Dovrei essere a scuola,
dall’altra parte dell’oceano”: sì, Greta, hai fatto la tua parte,
grazie, ora sarà meglio che tu ci torni a scuola, a riprendere la tua
vita di ragazzina, prima che sia troppo tardi e che tu perda anche
l'adolescenza. (Ma, mi raccomando: facci sapere con quale barchetta
farai il viaggio di ritorno). E ora, sinceramente: buona fortuna!
Vittorio Salviamogretadallafamanelmondo ExInFeltrito
Era ora!
"MI SONO LECCATO I BAFFI QUANDO HO SAPUTO CHE L’EUROPARLAMENTO HA EQUIPARATO COMUNISMO E NAZISMO QUALI I DUE GRANDI CRIMINI DEL NOVECENTO. LEGGO OGGI SUL “FATTO” CHE DANIELA RANIERI SE NE RAMMARICA. DOVE, QUANDO, IN CHE COSA, NEI CONFRONTI DI CHI IL COMUNISMO REALE È STATA UNA DITTATURA MEN CHE ORRENDA E DUNQUE MIGLIORE DEL NAZISMO? – GRANDE SOCIALISTA RIFORMISTA, RICCARDO LOMBARDI, MI DISSE…"
https://www.dagospia.com/rubrica-2/media_e_tv/versione-mughini-quot-mi-sono-leccato-baffi-quando-ho-saputo-che-214523.htm
martedì 17 settembre 2019
Feltri rimandato in Italiano
Lettera 12
Dagosapiens, si legge con piacere il racconto di Vittorio Feltri sul suo rapporto con la Fallaci. Ma qui Feltri ci dà un altro piacere: quello di potergli far notare -a lui che a chi fa qualche errore di italiano dà facilmente dell’analfabeta- queste sue due “perle”:
"…mi chiedeva consigli, alcuni dei quali non ero in grado di darli”; "(Oriana) aveva già prosciugato le ultime riserve che gli avevo procurato”.
Vittorio Soddisfatto ExInFeltrito
giovedì 12 settembre 2019
Gli Italiani, che bestie sono?
Bestie
La Stampa
È con rincrescimento che tocca occuparsi di nuovo di Matteo Salvini, con tutti i guai nei quali s'è infilato. E però ieri se l'è presa con Achille Occhetto (l'ultimo segretario del Pci) poiché ha definito gli italiani «una brutta bestia». Alla sinistra il popolo fa un po' schifo, ha detto Salvini, e qui s'è avuto un moto di ribellione. Perché da queste colonne, e in purissimo spirito di destra, affermiamo convintamente che gli italiani sono 1) un modesto popolo 2) servili 3) titolari di una cultura di cretini 4) somari 5) dei buoni a nulla capaci di tutto 6) estremisti per prudenza 7) imbroglioni, corrotti, sporchi 8) si fanno guidare da imbecilli 9) sono divisi in due categorie, furbi o fessi 10) vogliono guadagnare molto faticando poco e, se impossibile, guadagnare poco faticando meno 11) gente che va in soccorso del vincitore 12) dei giocatori di totocalcio, niente più 13) popolo fra i più incivili del mondo 14) per bandiera non hanno il tricolore ma quello che custodiscono fra le gambe 15) generosi tranne quando si tratta di pensare 16) gelosi, biliosi, vanitosi, piccini 17) sempre divisi, sempre pronti a passare da una barricata all'altra, a cambiare bandiera ai primi accenni di maltempo 18) mezze cartucce, una mediocre razza 19) il peggio del peggio 20) eppure continuiamo a volerci bene, per fortuna (la 1, la 2, la 3 e la 4 sono di Montanelli, la 5 e la 6 di Longanesi, la 7, la 8, la 9 e la 10 di Prezzolini, la 11 e la 12 di Flaiano, la 13 e la 14 di Malaparte, la 15 di Gadda, la 16 di Fallaci, la 17 e la 18 di Mussolini, la 19 è sua, caro Salvini, la 20 di un rubrichista a caso).
Mattia Feltri
martedì 10 settembre 2019
Un Conte per tutte le stagioni
Lettera 21
Dagosapiens, l'avvocato del popolo (leggasi popolo
grillino), pur dimenticandosi di cambiare la pochette bianca con una
gialla, ha finalmente fatto coming out. Da notare poi, a Montecitorio,
tra tutti i suoi dire e non dire: "Onorevoli colleghi della Lega: io non
dirò mai che voi avete tradito!", quando qualche minuto prima aveva
detto: "Il Movimento 5 stelle ha subito un tradimento". Un vero artista.
Funambolo. Giocoliere. Saltimbanco. Prestigiatore. Perfetto, insomma,
per quel circo dove quelli che un mese fa applaudivano ora fischiano e
quelli che fischiavano ora applaudono.
Vittorio MagoGiuseppi ExInFeltrito
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venerdì 6 settembre 2019
Quelli dei selfies
Lettera 7
Dagosapiens, se un ministro dei Beni Culturali non capisce che i selfies sono sottocultura, siamo a posto.
Vittorio Noselfie ExInFeltrito
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giovedì 29 agosto 2019
Conte: con quella "pochette" può fare ciò che vuole
Dagosapiens, quatto quatto, Conte e la sua “pochette" hanno soddisfatto la loro prima segreta ambizione: diventare personaggio politico internazionale di lungo corso. Se sul suo cammino continuerà a incontrare cialtroni e cialtroncelli (cosa molto probabile, visto il nostro panorama politico) e se il suo Padre Pio continuerà ad assisterlo, dopo il praticantato nei nostri squinternati governicchi, altro che cattedra universitaria: scommettiamo che lo vedremo seduto in una mega-poltrona dorata alla UE e -tempo al tempo- in quella di Presidente della Repubblica?
Vittorio Conquellapochettepuòfareciòchevuole ExInFeltrito
mercoledì 28 agosto 2019
Le 5 pippe di Conte
Lettera 14
Dagosapiens, dunque l’ex-premier non tornerà a insegnare “un minuto dopo” la fine del suo mandato, come dichiarato in passato ma avremo un Conte bis? Certo, l'uomo è presentabile, ben visto in Europa e da Trump (!); ma non ti sorprende una cosa: che una persona della sua intelligenza stia con i 5 Stelle??
Vittorio Cinquepippe ExInFeltrito
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giovedì 22 agosto 2019
L'Italia non s'è ancora desta
Foto che illustra perfettamente la situazione politica italiana.
Vittorio Chediocelamandibuona ExInFeltrito
mercoledì 21 agosto 2019
I conti di Conte
Lettera 18
Dagosapiens, tu credi che l’anno bellissimo di Conte finisca qui? Credi che l’ex-Presidente del Governo più squinternato che l’Italia abbia mai avuto non sapesse qual era il suo tornaconto nell’accettare di fare il “Presidente per caso” con quei due? In merito alla fine del suo mandato in un’intervista aveva dichiarato: “Un minuto dopo tornerò ad insegnare”: credi davvero che lo farà? O che invece dopo aver fatto “l’avvocato del popolo” sfrutterà fama e conoscenze fatte in Europa per fare l’avvocato di ben altri clienti, o chissà cos’altro in politica? Con i suoi due vice ha accettato spesso di fare il burattino invece che il burattinaio ma sapeva bene cosa avrebbe avuto poi in cambio. Il nostro Giuseppe non è scemo e grazie all’aiuto di San Di Maio, San Salvini e San Padre Pio adesso…
domenica 18 agosto 2019
SELFIE 2: Psicologia del selfie
Da un punto di vista psicologico la selfie mania è una mancanza di autostima e sarebbe un valido indicatore di alcune lacune presenti nella propria vita privata. Compulsività, ossessione e ripetitività caratterizzano la personalità di queste persone che impiegano anche ore della giornata per non far mancare sul proprio profilo Facebook o Instagram l’ultimo “selfie”.
Le persone dipendenti dal selfie non sono sicure si sé. Infatti la ricerca continua e assillante di commenti positivi al proprio scatto rappresenta il disperato bisogno di accettazione da parte di chi è insoddisfatto e ha bisogno di rassicurazioni sul proprio aspetto. Basta pensare che cliccare e contare i “mi piace” sia diventata l’unica cosa importante, mentre è molto grave questo immortalare se stessi in questi momenti per condividerli con il mondo e nello stesso tempo avere delle lacune nel vivere le emozioni positive o negative che siano, ma della vita reale di tutti i giorni. La condivisione di momenti resta relegata a un puro universo virtuale dove “il farsi vedere e notare” è l’anticamera per molti disturbi nel medio e lungo periodo quali i disturbi alimentari, primi approcci con droghe ed errate percezioni delle forme del proprio corpo. Da studi scientifici americani (American Psychiatric Association) la selfie mania potrebbe rappresentare i primi segnali di veri e propri disturbi mentali, ma è bene non generalizzare.
Sicuramente l’era tecnologica in cui viviamo non agevola ma incita a essere sempre più isolati e soli nonostante gli innumerevoli contatti che una persona può avere sul suoi profili social.
Perché non ci basta vivere il quotidiano e le emozioni vere? Sapranno le nuove generazioni che il confronto e il dialogo con un’altra persona può arricchire il bagaglio di esperienze e non il conteggio quasi maniacale dei “mi piace”?
Dottoressa Sara Ronchi
psicologasararonchi@virgilio.it
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Diagnosi: selfite.
Cause e rimedi della selfie-mania
Complici smartphone e altre nuove tecnologie, l’abitudine di scattarsi fotografie da soli e di pubblicarle sui social network è diventata una mania. La situazione è arrivata ad un punto tale da spingere a coniare un nuovo termine per definirla, ossia selfite. Ma dietro a questa ossessione degli autoscatti con lo smartphone sembrerebbe nascondersi una vera e propria malattia. Ad affermarlo è un gruppo di ricercatori della Nottingham Trent University e della Thiagarajar School of Management a Madurai in India.Lo studio, pubblicato sull’International Journal of Mental Health and Addiction ha messo a punto una sorta di scala, utile per valutare il livello di gravità della patologia. Questa classificazione ha richiesto un sondaggio su 400 persone in India, Paese che conta tantissimi utenti Facebook e il più alto numero di morti per selfie ‘pericolosi’.
Questo nuovo disturbo mentale infatti si può presentare con tre livelli diversi. Nel primo, definito borderline, quello più lieve, chi soffre di selfite si scatta almeno tre selfie al giorno, ma non li pubblica sui social network. Chi soffre di selfite acuta (la più diffusa nel campione analizzato), invece, si fotografa almeno tre volte al giorno e condivide sempre le immagini sui social. Infine, la selfite cronica è lo stadio più grave e corrisponde alla situazione in cui i selfie diventano vere e proprie ossessioni, il desiderio dell’autoscatto è incontrollabile e le fotografie scattate vengono pubblicate su Facebook e Instagram almeno sei volte al giorno.
Ma perché ci facciamo i selfie?
Senza dubbio, come in tutti i fenomeni di massa, il fatto di seguire la tendenza del momento e fare quello che fanno tutti gli altri semplicemente per spirito di emulazione o per timore di sentirsi diversi gioca un ruolo fondamentale.
Questo aspetto è innegabile, ma c’è anche una spiegazione psicologica, secondo la quale i selfie esprimono il bisogno di autoaffermarsi e di raccontare agli altri, attraverso le immagini, la propria identità. Forse parlare di malattia mentale è un po’ esagerato e fuori luogo, ma fare troppi selfie può nascondere delle insicurezze psicologiche e un grande bisogno di ricevere conferme dagli altri. Alcuni esperti avvertono che dietro all’autoscatto eccessivo potrebbe nascondersi qualche disagio più o meno grave, di natura psicologica.
I selfie nascondono anche il bisogno di ricevere apprezzamenti e di solito, infatti, quando si pubblica una foto su un social network, lo si fa per avere un riscontro positivo.
Per chi è single, ma non vuole più apparire raffigurato in autoscatti solitari agli occhi dei suoi contatti social, l’idea di due artisti canadesi, Aric Snee e Justin Crowe, è davvero geniale. I due hanno infatti creato l’asta che fa le foto come un ‘fidanzato’, ossia un’asta per i selfie a forma di braccio da tenere per la mano, ottenendo delle immagini in cui sembra che dall’altro lato dell’obiettivo ci sia proprio la tua dolce metà.
Sono soprattutto gli adolescenti a dedicarsi in maniera esagerata alla pratica dell’autoscatto. Si tratta di ragazzi insicuri e fragili, solo apparentemente spigliati, integrati e sicuri di sé, che sentono di esistere solo attraverso le immagini e l’apprezzamento altrui. In quella fase delicata di costruzione del sé che è l’adolescenza, questi soggetti rischiano quindi di trovare e costruire solo un’identità illusoria.
Anche se meno numerosi non mancano di certo nemmeno gli adulti affetti da selfite. Quasi sempre sono soggetti immaturi, incapaci di diventare quello che vorrebbero essere e di conseguenza con poca autostima. Pubblicare tanti selfie può essere un meccanismo compensativo che mettono in atto per colmare le loro lacune emotive ed esistenziali.
Come in tutte le cose, anche in questo caso, il paramento di giudizio è quello relativo alla misura. Farsi un selfie ogni tanto, e magari in compagnia, non rientra certo in quelli dell’osservazione psicologica. Il problema nasce quando invece il numero dei selfie realizzati e pubblicati aumenta, arrivando a essere un rituale quotidiano.
Eppure un modo per guarire dalla selfite c’è ed è semplice: basta anteporre la propria quotidianità alla vita virtuale e, invece di perdere tempo con gli autoscatti, imbattersi in vere relazioni sociali o impegnarsi in qualcosa che possa appassionare. Perché se è vero che la selfite non è certo una malattia mortale, la ricerca dimostra che, a lungo andare, aumenta le insicurezze di chi ne è affetto e ne impoverisce la vita interiore.
Alice Berti
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Selfite: è una malattia?
L'abitudine a farsi delle fotografie da soli (selfie) allo scopo di pubblicarle sui social network può diventare addirittura una malattia? Sembrerebbe di sì, visto che è stato coniato un termine, selfite, per indicare chi è “ossessionato” da questa pratica ormai diffusissima, tanto fra i cosiddetti “vip” quanto fra le persone comuni.
Forse parlare di malattia mentale è un po' esagerato, ma fare troppi selfie può nascondere delle insicurezze psicologiche e un grande bisogno di ricevere conferme dagli altri. Approfondiamo l'argomento: vediamo perché si sente il bisogno di fare i selfie e quando quest'abitudine può essere spia di qualche disagio, più o meno grave, di natura psicologica.
Perché si fanno i selfie
Perché si fanno i selfie? Si tratta solo di seguire la tendenza del momento oppure c'è qualcosa di più? Senza dubbio, come in tutti i fenomeni di massa, anche nel selfie gioca un ruolo fondamentale il seguire le mode (spesso lanciate da personaggi famosi, come in questo caso) e il fare quello che fanno tutti gli altri semplicemente per spirito di emulazione o per timore di sentirsi "diversi".
Questo aspetto è innegabile, ma c'è anche una spiegazione psicologica, un po' più "profonda": i selfie esprimono il bisogno di autoaffermarsi, di raccontare agli altri, attraverso le immagini, la propria identità. In questo senso non avrebbero un valore negativo perché permetterebbero alla persona di incanalare il proprio narcisismo in una maniera, anche se non particolarmente costruttiva, nemmeno deleteria per sé e/o per gli altri.
I selfie nascondono anche il bisogno di essere riconosciuti dai propri “simili” e di ricevere apprezzamenti: di solito, infatti, quando si pubblica una foto su un social network, lo si fa per avere un riscontro positivo (in genere si postano belle foto, in cui il soggetto offre agli altri l'immagine migliore di se stesso). Fin qui non ci sarebbe in fin dei conti nulla di male: tutti siamo un po' narcisisti e desideriamo i complimenti e l'apprezzamento degli altri, anche perché la nostra società è molto basata sull'immagine e pochissimi riescono a sottrarsi a questo tipo di condizionamento. Quando però la situazione può sfuggire di mano e toccare i confini della patologia? Vediamolo insieme.
Quando il selfie è indice di problemi psicologici nell'adolescenza
L'abitudine a fare autoscatti può anche diventare una vera e propria mania: parlare di disturbo mentale è probabilmente un po' esagerato e fuori luogo (anche se sembra che l'American Psychiatric Association abbia definito la selfite una vera e propria malattia, con 3 livelli diversi di gravità a seconda di quanti autoscatti si fanno al giorno), ma in alcuni casi si può certo parlare di eccessi che nascondono un disagio psicologico, anche se non grave.
Sono soprattutto gli adolescenti a dedicarsi in maniera esagerata alla pratica dell'autoscatto: e per esagerata si intende più di 6 autoscatti al giorno (subito pubblicati). Si tratta di adolescenti insicuri e fragili, solo apparentemente spigliati, integrati e sicuri di sé. Fare tanti selfie a quest'età può essere indice di un'incapacità di trovare la propria identità: questi adolescenti sentono di esistere solo attraverso le immagini e l'apprezzamento altrui. In quella fase delicata di costruzione del sé che è l'adolescenza, questi soggetti rischiano quindi di trovare e costruire solo un'identità illusoria.
Se vi accorgete che vostro figlio adolescente è fin troppo preso dalla mania degli autoscatti, non è il caso di drammatizzare né di preoccuparsi eccessivamente: potrebbe essere una fase transitoria, ma in ogni caso occorre intervenire per aiutarlo a costruire in maniera alternativa la propria immagine personale e quindi anche la propria autostima. Il coinvolgimento in un'attività vera (sport, volontariato, musica o altro) è in genere la “terapia” migliore.
La mania dei selfie in età adulta
Anche se meno numerosi degli adolescenti, non mancano nemmeno gli adulti affetti da “selfite”: quasi sempre sono soggetti immaturi, incapaci di diventare quello che vorrebbero essere e di conseguenza con poca autostima. Pubblicare tanti selfie per ricevere apprezzamenti e commenti positivi può essere un meccanismo compensativo che mettono in atto per colmare le loro lacune emotive ed esistenziali.
A volte basta poco per uscire da questo meccanismo un po' malato. Anteporre la vita vissuta a quella virtuale, impegnandosi in qualcosa che appassiona veramente e coltivando sane e vere relazioni nella quotidianità, è sicuramente il modo migliore di affrontare questo problema che, anche se non gravissimo, alla lunga rischia di rendere una persona sempre più insicura e di impoverirne la vita interiore.
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SELFIE 1: Odio i selfie...
...naturalmente ognuno è libero di fare ciò che gli pare, anche di piazzarsi col suo smartphone "tutti fotografi" di fronte ad un monumento per potersi inquadrare con quello alle spalle, rompendo le balle a chi vorrebbe guardare e inquadrare il monumento o la veduta senza intrusi di mezzo; ma altrettanto sono libero io di considerare "selficienti" gli individui suddetti.
Ma qui c'è di più, ben di più:
Ma qui c'è di più, ben di più:
Dietro la moda dei selfie c'è la paura di non esistere
Cosa diciamo quando diciamo "io"? Non ne siamo sicuri e per questo ci aggrappiamo all'immagine, inutilmente.
Cosa diciamo quando diciamo "io"? Non ne siamo sicuri e per questo ci aggrappiamo all'immagine, inutilmente.
«Tenevano
i cellulari il più lontano possibile o si facevano aiutare da appositi
estensori. Le meraviglie di Venezia non erano complete senza la
testimonianza di un io in mezzo a loro.
Guardatemi, sono qui». È quanto vediamo ogni giorno sui social,
dove è tutto un selfie. Ma cos'è un selfie? Un'esibizione dell'io. Ma
cos'è l'io? Tra le riflessioni più interessanti sull'identità non ci
sono solo quelle degli scienziati (come per esempio Lo strano ordine
delle cose, edito da Adelphi, ultimo saggio di Antonio Damasio,
intervistato recentemente sul Giornale) ma anche scrittori che, a
differenza di tanti altri, frequentano la scienza. Uno di questi, il più
bravo, è Ian McEwan, di cui Einaudi ha appena pubblicato Il mio romanzo
viola profumato.
Non lasciatevi ingannare dal titolo, che sembra uno di quei romanzi trash per signore di Newton Compton. Si tratta di due brevi testi: il primo è un simpatico racconto in prima persona di un plagio letterario tra due amici scrittori, ma il pezzo forte del libriccino è il saggio intitolato appunto L'io, che inizia proprio con la succitata riflessione sui selfie. Perché «in un'era come la nostra, che idolatra la celebrità e l'autopromozione attraverso la rete, stiamo forse vivendo il colmo di quel che significa un io». Ossia un io svuotato, esibito, narcisistico, completamente di superficie. Non l'io che fa il suo ingresso prepotente in letteratura con Montagne e Shakespeare (ma chissà perché McEwan si dimentica di Cervantes), ma un io di facce e di facciata.
Tuttavia anche l'io narrativo non è altro che una costruzione. La vita non è per niente simile ai romanzi. «Noi non siamo testi», dice Bill Blattner, «le nostre storie non sono narrazioni. La vita è diversa dalla letteratura». Sebbene la vita stessa sia come ce la raccontiamo noi nella nostra testa, di volta in volta, trasformandoci di anno in anno. Ce lo ha spiegato bene Marcel Proust, quando ci dimostra, nel corso della sua Recherche, che moriamo molte volte nel corso della nostra esistenza, mutando impercettibilmente. Così Samuel Beckett nel suo L'ultimo nastro di Krapp: Krapp si illudeva di mantenere il proprio io registrandosi ogni giorno, ma quando da vecchio riascolta i suoi nastri giovanili non si riconosce, è un estraneo a parlare.
Per i neuroscienziati l'io è un'invenzione del cervello (non per altro basta una minima lesione nella corteccia cerebrale per farci cambiare completamente identità). Secondo Oliver Sacks «ciascuno di noi costruisce e vive una narrazione, e noi siamo tale narrazione». Ma gli episodi della nostra identità sono messi insieme arbitrariamente dalla rete neuronale, per dare un senso a un io che altrimenti non starebbe insieme. I nostri stessi ricordi, come ha spiegato lo stesso Sacks, sono spesso inventati, riadattati. Non possiamo fidarci neppure della nostra memoria, per quanto senza memoria non siamo più noi (ne sa qualcosa chi ha un parente malato di Alzheimer). E dunque chi siamo realmente? E siamo veramente liberi? Per Ian McEwan no: «Prima di tutto, un certo scetticismo nei riguardi del libero arbitrio necessario a scrivere e costruirmi un io. Non mi sono scelto l'infanzia, né il patrimonio genetico, non mi sono mai scelto l'io con il quale ho finito per ritrovarmi».
I moderni scrittori americani hanno spesso associato la coscienza dell'io all'esperienza tragica di dipendere da un corpo (la nostra stessa mente è un prodotto del corpo), da Philip Roth a Richard Ford, fino a John Updike, punto di riferimento fondamentale del discorso McEwan. «Quando alzo gli occhi verso l'azzurro terso di un cielo» scrive Updike nel saggio On being a Self Forever, «o poso lo sguardo su una luminosa distesa di neve, prendo coscienza di uno schema fisso di imperfezioni ottiche: macule nel mio umor vitreo, simili a microbi congelati, che vagano incessantemente, di norma inosservate, nel mio campo visivo». Updike la pensa come Proust: «Invecchiamo e ci lasciamo alle spalle una nidiata di io irrimediabilmente defunti».
Sarà per questo che siamo sempre a fotografarci, l'immagine ci sembra l'unica cosa certa, almeno l'immagine del momento, perché basta andare indietro di qualche anno e rivedere vecchi selfie e scoprirci orribilmente invecchiati. Così, conclude McEwan, «possiamo radunarci in massa in luoghi turistici come piazza San Marco, armati di smartphone e pronti a scattare selfie, ma siamo soli dinanzi alla tragica impermanenza del nostro io mentre, come Amleto, affrontiamo la mortalità di questa quintessenza di polvere».
(Massimiliano Parente. Il Giornale Cultura)
Il turista, al pari del visitatore dello zoo, è più simile al colonizzatore che al viaggiatore.
Frappone tra sé e il mondo che visita una griglia culturale ancora più
coriacea di quella che, allo zoo, separa gli spettatori dagli animali,
rifiutando senza nemmeno passare dal via la possibilità di non giudicare
quello che ha davanti con le proprie categorie. E di più, perché non soltanto queste sbarre il turista fa finta di non vederle, ma le desidera,
le desidera sopra qualsiasi altra cosa. Perché se i Goethe almeno si
sforzavano di uscire dalla propria comfort zone e andavano in giro con
una rivoltella per difendersi dei briganti, i moderni Goethe imbrutiti, che lavorando guadagnano e guadagnando pretendono, non fanno un passo fuori dalla propria comfort zone.
Perché ai turisti dei luoghi che visitano non interessa nulla. Il viaggio del turista non è un movimento di apertura, al contrario, è impermeabile a tutto, soprattutto all'altro da sé che incontra sul cammino. Non gli interessa, perché il turista cerca di replicare la propria comfort zone quotidiana in ogni luogo che visita, pronto anche a deturparlo piuttosto che essere al sicuro. Non è un caso che il momento culminante del viaggio non sia più l'esperienza stessa del muoversi, né lo scoprire o il conoscere, ma la rappresentazione del proprio viaggio. È quella che conta ormai, la sua condivisione.
Solo che quando lo faceva Goethe il risultato era un'opera d'arte. Ora ormai è difficile finanche ritrovarsi in quelle grottesche serate diapositive di una volta. Ormai il turismo è solo masturbazione: una sega a due mani in onda 24/7 su Facebook e Instagram.
(linkiesta)
Il mondo è dei selficienti: una carrellata degli autoscatti più inopportuni del web:
https://m.dagospia.com/il-mondo-e-dei-selfiecienti-gli-austoscatti-piu-inopportuni-dalle-tombe-al-funerale-160210
Non lasciatevi ingannare dal titolo, che sembra uno di quei romanzi trash per signore di Newton Compton. Si tratta di due brevi testi: il primo è un simpatico racconto in prima persona di un plagio letterario tra due amici scrittori, ma il pezzo forte del libriccino è il saggio intitolato appunto L'io, che inizia proprio con la succitata riflessione sui selfie. Perché «in un'era come la nostra, che idolatra la celebrità e l'autopromozione attraverso la rete, stiamo forse vivendo il colmo di quel che significa un io». Ossia un io svuotato, esibito, narcisistico, completamente di superficie. Non l'io che fa il suo ingresso prepotente in letteratura con Montagne e Shakespeare (ma chissà perché McEwan si dimentica di Cervantes), ma un io di facce e di facciata.
Tuttavia anche l'io narrativo non è altro che una costruzione. La vita non è per niente simile ai romanzi. «Noi non siamo testi», dice Bill Blattner, «le nostre storie non sono narrazioni. La vita è diversa dalla letteratura». Sebbene la vita stessa sia come ce la raccontiamo noi nella nostra testa, di volta in volta, trasformandoci di anno in anno. Ce lo ha spiegato bene Marcel Proust, quando ci dimostra, nel corso della sua Recherche, che moriamo molte volte nel corso della nostra esistenza, mutando impercettibilmente. Così Samuel Beckett nel suo L'ultimo nastro di Krapp: Krapp si illudeva di mantenere il proprio io registrandosi ogni giorno, ma quando da vecchio riascolta i suoi nastri giovanili non si riconosce, è un estraneo a parlare.
Per i neuroscienziati l'io è un'invenzione del cervello (non per altro basta una minima lesione nella corteccia cerebrale per farci cambiare completamente identità). Secondo Oliver Sacks «ciascuno di noi costruisce e vive una narrazione, e noi siamo tale narrazione». Ma gli episodi della nostra identità sono messi insieme arbitrariamente dalla rete neuronale, per dare un senso a un io che altrimenti non starebbe insieme. I nostri stessi ricordi, come ha spiegato lo stesso Sacks, sono spesso inventati, riadattati. Non possiamo fidarci neppure della nostra memoria, per quanto senza memoria non siamo più noi (ne sa qualcosa chi ha un parente malato di Alzheimer). E dunque chi siamo realmente? E siamo veramente liberi? Per Ian McEwan no: «Prima di tutto, un certo scetticismo nei riguardi del libero arbitrio necessario a scrivere e costruirmi un io. Non mi sono scelto l'infanzia, né il patrimonio genetico, non mi sono mai scelto l'io con il quale ho finito per ritrovarmi».
I moderni scrittori americani hanno spesso associato la coscienza dell'io all'esperienza tragica di dipendere da un corpo (la nostra stessa mente è un prodotto del corpo), da Philip Roth a Richard Ford, fino a John Updike, punto di riferimento fondamentale del discorso McEwan. «Quando alzo gli occhi verso l'azzurro terso di un cielo» scrive Updike nel saggio On being a Self Forever, «o poso lo sguardo su una luminosa distesa di neve, prendo coscienza di uno schema fisso di imperfezioni ottiche: macule nel mio umor vitreo, simili a microbi congelati, che vagano incessantemente, di norma inosservate, nel mio campo visivo». Updike la pensa come Proust: «Invecchiamo e ci lasciamo alle spalle una nidiata di io irrimediabilmente defunti».
Sarà per questo che siamo sempre a fotografarci, l'immagine ci sembra l'unica cosa certa, almeno l'immagine del momento, perché basta andare indietro di qualche anno e rivedere vecchi selfie e scoprirci orribilmente invecchiati. Così, conclude McEwan, «possiamo radunarci in massa in luoghi turistici come piazza San Marco, armati di smartphone e pronti a scattare selfie, ma siamo soli dinanzi alla tragica impermanenza del nostro io mentre, come Amleto, affrontiamo la mortalità di questa quintessenza di polvere».
(Massimiliano Parente. Il Giornale Cultura)
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https://www.telegraph.co.uk/science/2017/12/15/selfitis-obsessive-need-post-selfies-genuine-mental-disorder/
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Al turista dei luoghi che visita non interessa nulla. È impermeabile a tutto, all'altro da sé che incontra sul cammino. Il momento culminante del viaggio non è più lo scoprire o il conoscere ma la rappresentazione del proprio viaggio, la sua condivisione.
Perché ai turisti dei luoghi che visitano non interessa nulla. Il viaggio del turista non è un movimento di apertura, al contrario, è impermeabile a tutto, soprattutto all'altro da sé che incontra sul cammino. Non gli interessa, perché il turista cerca di replicare la propria comfort zone quotidiana in ogni luogo che visita, pronto anche a deturparlo piuttosto che essere al sicuro. Non è un caso che il momento culminante del viaggio non sia più l'esperienza stessa del muoversi, né lo scoprire o il conoscere, ma la rappresentazione del proprio viaggio. È quella che conta ormai, la sua condivisione.
Solo che quando lo faceva Goethe il risultato era un'opera d'arte. Ora ormai è difficile finanche ritrovarsi in quelle grottesche serate diapositive di una volta. Ormai il turismo è solo masturbazione: una sega a due mani in onda 24/7 su Facebook e Instagram.
(linkiesta)
https://m.dagospia.com/il-mondo-e-dei-selfiecienti-gli-austoscatti-piu-inopportuni-dalle-tombe-al-funerale-160210
giovedì 8 agosto 2019
Taylor Mega chi?? & C.
Dagosapiens, l’hai pubblicato ma mi auguro che tu non condivida l'elogio che quella tua Barbara Costa fa di Eloisia Todesco (per le persone con la testa a posto) alias Taylor Mega (per i deficienti) ma in questo povero mondo e in questa deficientissima Italia c’è bisogno di tutto fuori che di persone come quella ragazza. E una. Due: ”La Lega non vuole poltrone” dice Salvini mentre sega quella dorata sotto il tenero culo di Conte. E avanti con i proclami. Tre: prima Berlusconi, poi Renzi e ora Salvini: che differenza c’è tra loro e la Mega di cui sopra? Nessuna: tutti e quattro, vittime della loro fama e del loro potere si son montati la testa, hanno perso il senso della misura, cercano i “likes” di un popolo bue e dentro di loro pensano: “Ma quanto son scemi questi che ci “likano?”. Dagosapiens, dobbiamo proprio andare avanti così? Dove si sono nascoste le poche persone serie di queso Paesello? Tu ne vedi? Dubito; infatti il tuo sito è lo specchio di questa nostra Italietta che balla allegra e svaccata sul Titanic de’ noantri, come dite voi a Roma ex-ladrona e ora …poltrona. Mandi, da un Friuli che rimpiange l’Austria Felix; e stami bèn.
Vittorio Nelpaesedipulcinella ExInFeltrito
Vittorio Nelpaesedipulcinella ExInFeltrito
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mercoledì 10 luglio 2019
Dopo Morgan, Sgarbi adotta Balotelli?
Lettera 5
Dagosapiens, il tuo vecchio Sgarbone, paragona la scommessa di Balotelli ad un'opera d'arte e gli dice: "Bravo, fallo ancora! Va dal giudice e sputagli in un occhio". Bè, caro Sgarbi, qualcuno ha detto che una cosa è essere intelligenti e un'altra è essere saggio. Vada per la prima.
Vittorio Sgarbatamente ExInFeltrito
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martedì 9 luglio 2019
Giudici da strapazzo
Lettera 11
Dagosapiens, la fisiognomica sarà pure una pseudoscienza e sarà pure che l’abito non fa il monaco, tuttavia quel giudice appena arrestato ha più l'aspetto di un dj squinternato che di un giudice; e forse, nella sua “veste”, prima di imporre un “dress code” alle candidate, dovrebbe imporlo a se stesso.
Vittorio Giudiciuncolo ExInFeltrito
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