Chi alle scorse primarie, deciso a votare Renzi, andava al circolo del PD in cui i vecchi iscritti ballavano polke e mazurche, capiva subito che il nuovo non avrebbe vinto. Quelllo che sorprende è che anche dopo, a ragion veduta, con un PDL allo sfascio, i "5 stelle" stile armata brancaleone e un centro che non sta in piedi, il PD sia stato lì a cincischiare sul suo congresso e a giocarsi i suoi due di briscola senza capire che poteva dare il colpo di grazia a tutti stravincendo anche subito le elezioni. Come? Calando l'asso di briscola Renzi. Tranquilli: il giovanotto, se fosse debitamente sostenuto da tutto il partito, abbandonerebbe la temuta aria da imbonitore che ha dovuto assumere in gran parte per motivi di campagna elettorale, darebbe al PD una valanga di voti e concretizzerebbe l'unica possibilità di dare a questo paese allo sbando un governo stabile basato su una solida maggioranza parlamentare.
Vittorio Avanticoiduedibriscola InFeltrito
DiStImIcAmEnTe
QUANDO FU NON RICORDO,
MA VENNI PRESO UN GIORNO
DAL DESIDERIO D'UNA VITA VAGABONDA,
DANDOMI AL DESTINO D'UNA NUVOLA
CHE NAVIGA NEL VENTO,
SOLITARIA.
(Basho)
...ma ora...
STO DIVENTANDO VECCHIO.
UN SEGNO INEQUIVOCABILE E' CHE
LE NOVITA' NON MI APPAIONO INTERESSANTI
NE' SORPRENDENTI.
SON POCO PIU' CHE TIMIDE VARIAZIONI
DI QUEL CHE E' GIA' STATO.
(Borges)
lunedì 30 settembre 2013
Brancaleone torna a casa
Lettera 6
"Se gli Italiani votano ancora PDL o PD, me ne vado". Realizzando che alle prossime elezioni l'armata brancaleone dei 5 stelle allo sbando, alias "Casaleggio & Associati", si ridurrebbe a 4 gatti, il condottiero si prepara a scendere gloriosamente da cavallo e a cambiar mestiere.
Vittorio Tuttiacasa InFeltrito
"Se gli Italiani votano ancora PDL o PD, me ne vado". Realizzando che alle prossime elezioni l'armata brancaleone dei 5 stelle allo sbando, alias "Casaleggio & Associati", si ridurrebbe a 4 gatti, il condottiero si prepara a scendere gloriosamente da cavallo e a cambiar mestiere.
Vittorio Tuttiacasa InFeltrito
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giovedì 26 settembre 2013
DiLettante
LETTERA 8
Enrico Letta agli investitori internazionali: "Ho detto loro di investire in Italia trovando grande disponibilità, soprattutto perché presentiamo stabilità. L'Italia è un paese giovane, virtuoso e credibile."
Enrico Letta agli investitori internazionali: "Ho detto loro di investire in Italia trovando grande disponibilità, soprattutto perché presentiamo stabilità. L'Italia è un paese giovane, virtuoso e credibile."
Enrico Letta agli Italiani, poche ore dopo: "Potrei anche dimettermi". Conclusione: Borse, l'incertezza politica affonda i mercati.
Vittorio DiLettante InFeltrito
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lunedì 23 settembre 2013
L'illusione della democrazia diretta
29.4.13 163 commenti
La pericolosa illusione della democrazia diretta digitale
Questo articolo vi arriva grazie alla gentile donazione di “msalmi86” ed è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.
Se siete fra coloro che credono che la democrazia diretta realizzata tramite Internet sia la soluzione a tutti i problemi del mondo, porto dal Festival del Giornalismo una dose di realtà che vi consiglio di assumere, perché la democrazia diretta digitale rischia invece di essere lo strumento perfetto per la dittatura e la manipolazione.
Questa è, a mio avviso, una delle idee più interessanti emerse dal panel“Hacktivismo e sorveglianza digitale: le rivoluzioni combattute in rete” di Fabio Chiusi (blog ilNichilista), Arturo Filastò (Centro Hermes), Giovanna Loccatelli (giornalista e scrittrice) e Dlshad Othman (attivista siriano), il cuivideo è su Youtube. Guardatevelo tutto per i dettagli, ma il concetto di fondo è questo (eventuali errori nella sintesi sono miei): in vari paesi ci sono movimenti politici che vedono nell'uso di Internet la chiave per sovvertire il sistema e istituire una democrazia diretta, snella ed efficiente, priva delle storture e corruzioni della democrazia rappresentativa.
L'idea è nobile, ma come tante idee nobili è lontana dalla realtà pratica, perché gli attuali strumenti informatici sono troppo vulnerabili e gli utenti sono troppo incompetenti per usarli in modo sicuro. Per cui chi volesse sabotare queste iniziative avrebbe il gioco tremendamente facile, non solo per bloccarle ma addirittura per usarle a proprio favore.
Supponiamo che un governo voglia introdurre la DDD (democrazia diretta digitale). Si può pensare seriamente che un voto elettronico, implementato sui PC appestati di virus e vulnerabilità degli utenti, sia sicuro più di un voto cartaceo al seggio? Si può pensare che chi ha ancora difficoltà a capire come si compila una scheda elettorale, fa fatica a non farsi fregare la password di Facebook e chi, peggio ancora, non ha alcuna dimestichezza con i computer possa seriamente destreggiarsi fra software di autenticazione del voto, sicurezza fisica del dispositivo informatico e sistemi di garanzia dell'identità delle sue opinioni postate nelle discussioni? No, vero?
Supponiamo, per contro, che un governo (o un aspirante dittatore) voglia sabotare un tentativo di adozione della DDD. Diffondere un trojan che infetti i PC dei partecipanti al movimento per la DDD sarebbe una passeggiata: basterebbe mascherarlo, che so, da serie di foto della presidente del consiglio in tenuta da nudista (lo so, lo so, l'idea non è originale). A quel punto rubare l'identità di un utente, magari non di un semplice elettore qualunque, ma di un esponente importante di un movimento politico, e postare a nome suo nei forum idee sballate ma credibili che lo screditino sarebbe quasi automatico. Paradossalmente, il sistema di autenticazione pensato per garantire l'identità online sarebbe quello che autenticherebbe (apparentemente) le parole di suicidio politico del leader. Tutti i membri del movimento si fidano della DDD perché l'ha proposta il Caro Leader. Ergo, se il Caro Leader dice qualunque cretinata usando la DDD, dev'essere davvero lui che la dice.
Sovvertire il risultato di un voto effettuato con gli attuali strumenti di DDD sarebbe altrettanto banale: lo stesso trojan potrebbe votare al posto dell'elettore o trasmettere al “seggio” digitale un voto falsificato (man in the middle). Faccio fatica a vedere un sistema di voto elettronico affidabile se implementato su macchine trojanizzabili, con sicurezza fisica nulla e adoperate promiscuamente per scaricare pornazzi e giochini pirata. Basta guardare il disastro del voto elettronico negli Stati Uniti, che pure usava macchine dedicate (ma non per questo meno trojanizzabili dal fabbricante).
Al tempo stesso, sono ragionevolmente sicuro che esista la possibilità tecnica di creare un sistema di DDD matematicamente inespugnabile, open source e quindi ispezionabile, con autenticazione e integrità garantita anche su hardware e sistemi operativi insicuri. Ma chiunque pensi che un netbook con su Windows Vista possa magicamente trasformarsi nell'urna della democrazia del terzo millennio con una spruzzatina di software è vittima di una faciloneria paragonabile a quella di chi crede che basti una pallina di plastica magica per fare a meno dei detersivi.
Il vero problema della fuga in avanti rappresentata dal sogno della DDD è che queste tecnologie, quand'anche venissero realizzate, avrebbero milioni di talloni d'Achille: gli utenti, che si farebbero fregare in mille modi e appiccicherebbero su un Post-It la password del documento Word nel quale hanno salvato la propria chiave crittografica privata (e la password sarebbe, ovviamente, password o 12345678).
La DDD è fattibile, a mio avviso, solo se oltre al software perfetto si riesce a costruire un elettorato informaticamente sofisticato e culturalmente preparato a concetti come identità digitale, autenticazione e sicurezza. Ma a quel punto, se tutti gli elettori fossero così illuminati, usare la DDD, l'alzata di mano, la scheda elettorale di carta o un dado a venti facce sarebbe probabilmente irrilevante, perché sarebbero dei semidei. E i semidei non hanno bisogno di votare su cosa fare. Sanno già cosa fare e lo fanno.
Mi rendo conto che di questi tempi alcuni potrebbero considerare questo articolo come una mia rarissima e perigliosa scorribanda nella palude della politica, ma a me interessa solo l'aspetto informatico della questione. Ho sentito parole che hanno messo in chiaro che la democrazia diretta digitale è attualmente, per ragioni prevalentemente informatiche, un'utopia per sempliciotti idealisti, e questa mi sembra una lezione importante a prescindere dai singoli balletti maldestri degli aspiranti salvatori megalomani di un qualunque paese. E ho pensato che fossero parole interessanti da condividere. Tutto qui.
Stordito dalla tecnologia. |
Questa è, a mio avviso, una delle idee più interessanti emerse dal panel“Hacktivismo e sorveglianza digitale: le rivoluzioni combattute in rete” di Fabio Chiusi (blog ilNichilista), Arturo Filastò (Centro Hermes), Giovanna Loccatelli (giornalista e scrittrice) e Dlshad Othman (attivista siriano), il cuivideo è su Youtube. Guardatevelo tutto per i dettagli, ma il concetto di fondo è questo (eventuali errori nella sintesi sono miei): in vari paesi ci sono movimenti politici che vedono nell'uso di Internet la chiave per sovvertire il sistema e istituire una democrazia diretta, snella ed efficiente, priva delle storture e corruzioni della democrazia rappresentativa.
L'idea è nobile, ma come tante idee nobili è lontana dalla realtà pratica, perché gli attuali strumenti informatici sono troppo vulnerabili e gli utenti sono troppo incompetenti per usarli in modo sicuro. Per cui chi volesse sabotare queste iniziative avrebbe il gioco tremendamente facile, non solo per bloccarle ma addirittura per usarle a proprio favore.
Supponiamo che un governo voglia introdurre la DDD (democrazia diretta digitale). Si può pensare seriamente che un voto elettronico, implementato sui PC appestati di virus e vulnerabilità degli utenti, sia sicuro più di un voto cartaceo al seggio? Si può pensare che chi ha ancora difficoltà a capire come si compila una scheda elettorale, fa fatica a non farsi fregare la password di Facebook e chi, peggio ancora, non ha alcuna dimestichezza con i computer possa seriamente destreggiarsi fra software di autenticazione del voto, sicurezza fisica del dispositivo informatico e sistemi di garanzia dell'identità delle sue opinioni postate nelle discussioni? No, vero?
Supponiamo, per contro, che un governo (o un aspirante dittatore) voglia sabotare un tentativo di adozione della DDD. Diffondere un trojan che infetti i PC dei partecipanti al movimento per la DDD sarebbe una passeggiata: basterebbe mascherarlo, che so, da serie di foto della presidente del consiglio in tenuta da nudista (lo so, lo so, l'idea non è originale). A quel punto rubare l'identità di un utente, magari non di un semplice elettore qualunque, ma di un esponente importante di un movimento politico, e postare a nome suo nei forum idee sballate ma credibili che lo screditino sarebbe quasi automatico. Paradossalmente, il sistema di autenticazione pensato per garantire l'identità online sarebbe quello che autenticherebbe (apparentemente) le parole di suicidio politico del leader. Tutti i membri del movimento si fidano della DDD perché l'ha proposta il Caro Leader. Ergo, se il Caro Leader dice qualunque cretinata usando la DDD, dev'essere davvero lui che la dice.
Sovvertire il risultato di un voto effettuato con gli attuali strumenti di DDD sarebbe altrettanto banale: lo stesso trojan potrebbe votare al posto dell'elettore o trasmettere al “seggio” digitale un voto falsificato (man in the middle). Faccio fatica a vedere un sistema di voto elettronico affidabile se implementato su macchine trojanizzabili, con sicurezza fisica nulla e adoperate promiscuamente per scaricare pornazzi e giochini pirata. Basta guardare il disastro del voto elettronico negli Stati Uniti, che pure usava macchine dedicate (ma non per questo meno trojanizzabili dal fabbricante).
Al tempo stesso, sono ragionevolmente sicuro che esista la possibilità tecnica di creare un sistema di DDD matematicamente inespugnabile, open source e quindi ispezionabile, con autenticazione e integrità garantita anche su hardware e sistemi operativi insicuri. Ma chiunque pensi che un netbook con su Windows Vista possa magicamente trasformarsi nell'urna della democrazia del terzo millennio con una spruzzatina di software è vittima di una faciloneria paragonabile a quella di chi crede che basti una pallina di plastica magica per fare a meno dei detersivi.
Il vero problema della fuga in avanti rappresentata dal sogno della DDD è che queste tecnologie, quand'anche venissero realizzate, avrebbero milioni di talloni d'Achille: gli utenti, che si farebbero fregare in mille modi e appiccicherebbero su un Post-It la password del documento Word nel quale hanno salvato la propria chiave crittografica privata (e la password sarebbe, ovviamente, password o 12345678).
La DDD è fattibile, a mio avviso, solo se oltre al software perfetto si riesce a costruire un elettorato informaticamente sofisticato e culturalmente preparato a concetti come identità digitale, autenticazione e sicurezza. Ma a quel punto, se tutti gli elettori fossero così illuminati, usare la DDD, l'alzata di mano, la scheda elettorale di carta o un dado a venti facce sarebbe probabilmente irrilevante, perché sarebbero dei semidei. E i semidei non hanno bisogno di votare su cosa fare. Sanno già cosa fare e lo fanno.
Mi rendo conto che di questi tempi alcuni potrebbero considerare questo articolo come una mia rarissima e perigliosa scorribanda nella palude della politica, ma a me interessa solo l'aspetto informatico della questione. Ho sentito parole che hanno messo in chiaro che la democrazia diretta digitale è attualmente, per ragioni prevalentemente informatiche, un'utopia per sempliciotti idealisti, e questa mi sembra una lezione importante a prescindere dai singoli balletti maldestri degli aspiranti salvatori megalomani di un qualunque paese. E ho pensato che fossero parole interessanti da condividere. Tutto qui.
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Chiamalo ancora Nobel
LETTERA 9
Speriamo che dopo tanti Nobel assegnati in stato di ubriachezza gli Accademici svedesi, da sobri, capiscano che dandone uno a Vecchioni si sputtanerebbero un po' troppo. E se proprio non riuscissero a rinsavire, al buon Vecchioni auguro di essere capace di cedere il premio al Maestro, suo e di tanti altri: Leonard Cohen.
Vittorio Chiamamiancoranobel InFeltrito
Speriamo che dopo tanti Nobel assegnati in stato di ubriachezza gli Accademici svedesi, da sobri, capiscano che dandone uno a Vecchioni si sputtanerebbero un po' troppo. E se proprio non riuscissero a rinsavire, al buon Vecchioni auguro di essere capace di cedere il premio al Maestro, suo e di tanti altri: Leonard Cohen.
Vittorio Chiamamiancoranobel InFeltrito
lunedì 16 settembre 2013
Scrittori famosi
Dagoreport - Sembra troppo bello per essere vero, invece è verissimo. Enrichetto Mentana alle 13 pubblica il seguente post sulla sua seguitissima pagina Facebook: "Vediamo chi sarà il primo gonzo, politico o giornalista, a usare la Costa Concordia come metafora, per frasi geniali tipo "ora raddrizziamo la nave Italia".
Pochi minuti dopo, sull'ancor più seguita pagina di Roberto Saviano, ecco il miracolo: "Dietro la morbosità dei media nell'osservare le operazioni all'isola del Giglio, forse, c'è qualcosa di più profondo della speculazione sul disastro celebre. Sembra muoversi un impronunciabile sogno da subcosciente: se si raddrizza la nave, simbolo di un paese alla deriva che lentamente affonda, c'è speranza magari che si raddrizzi l'Italia e che torni a galleggiare."
SAVIANO COSTA CONCORDIA
Si potrebbe infierire sulla solita noiosa retorica dell'autore di "Gomorra", sul fatto che dà ai media dei "morbosi" perché parlano della Concordia, proprio mentre lui fa esattamente la stessa cosa. O sul fatto che la frase usata da Saviano ("se si raddrizza la nave"), è stata perfettamente prevista da Chicco Mentana ("ora raddrizziamo la nave Italia").
Ma forse la figura peggiore deriva da quello che dovrebbe essere il suo mezzo di sostentamento: la lingua italiana. "Impronunciabile sogno da subcosciente", è impronunciabile e illeggibile come i romanzi di Saviano prima dei vigorosi interventi dei suoi editor.
giovedì 12 settembre 2013
Gabbie, pollai, galline, polli, pagliacci...
LETTERA 14
Con "La gabbia" i talk-show-pollai hanno proprio toccato il fondo. Se la scassatissima politica italiana ha le sue gravissime colpe, altre e gravi ne ha la sua esasperata ed esasperante spettacolarizzazione che viene fatta da conduttori ed ospiti di programmi di cosidetto approfondimento politico nei quali invece imperano battute, frizzi, lazzi, provocazioni, insulti, iene, intervistatori-zecche, insomma tutto quanto fa spettacolo.
Con "La gabbia" i talk-show-pollai hanno proprio toccato il fondo. Se la scassatissima politica italiana ha le sue gravissime colpe, altre e gravi ne ha la sua esasperata ed esasperante spettacolarizzazione che viene fatta da conduttori ed ospiti di programmi di cosidetto approfondimento politico nei quali invece imperano battute, frizzi, lazzi, provocazioni, insulti, iene, intervistatori-zecche, insomma tutto quanto fa spettacolo.
E' varietà, avanspettacolo, circo: con un presentatore-domatore-aizzatore e con attori, pagliacci e bestie; il tutto ad un irrinunciabile basso costo. E se una volta erano un paio alla settimana, ora quei pollai sono più d'uno al giorno; hanno perfino preso il posto e il pubblico dei famigerati reality-show.
I conduttori che mirano a guadagnare punti di auditel (e milioni di euro in più) e i loro ospiti che hanno la smania di apparire si rendano conto che hanno la loro parte di colpa se livello culturale ed educazione calano, mentre antipolitica ed astensionismo crescono e la politica ci viene fuori dagli occhi. E poi l'impegnato Floris ci viene a dire dispiaciuto che non può parlare di altre cose importanti perché è costretto a parlare sempre di Berlusconi: chi gli impedisce di frazionare il suo programma e parlarci anche d'altro? Risponda; se non a noi, alla sua coscienza. Ed insieme a lui l'esame di coscienza se lo facciano tutti.
Vittorio Trepalleunsoldo InFeltrito
Vittorio Trepalleunsoldo InFeltrito
mercoledì 11 settembre 2013
Il grillo, il complotto, il microchip...
Dai microchip all'11 settembre
Tutte le verità del grillino | Video
Paolo Bernini, deputato M5S, in aula ha spiegato perché
l'attacco alle Torri Gemelle «fu un lavoro interno»
BOLOGNA - «Mi si accuserà di complottismo, ma ci sono abituato». In principio furono i microchip ora tocca all'11 settembre. Paolo Bernini, deputato bolognese del Movimento Cinque Stelle, nel giorno degli anniversari del Golpe contro il governo Allende e dell'attentato alle Torri Gemelle ha preso parola alla Camera per un «intervento personale» su «corsi e ricorsi storici». Pochi mesi fa furono le rivelazioni choc sui microchip («In America hanno cominciato a mettere microchip nel corpo umano per controllare la popolazione») a farlo diventare famoso. Ora è arrivata una nuova puntata della saga del complotto su scala globale.
IN AULA - Oggi il deputato pentastellato si è reso protagonista di una sorta di lezione di storia sulla politica estera a Stelle e strisce. In aula Bernini ha parlato prima di Pearl Harbor, della Guerra del Golfo poi del Colpo di Stato cileno («Avvenuto anche grazie agli Usa») ma soprattutto dell'attentato a New York del 2011. Dove, ricorda Bernini, «persero la vita 3.000 persone». «Mi preme sottolineare solo una cosa - ha spiegato - la versione ufficiale di quell'evento è stata smentita da tutti i punti di vista. È palesemente falsa e ormai il mondo se n'è accorto, la verità probabilmente non la sapremo mai ma è sicuramente è molto diversa da quella che i media main stream ci raccontano. In questo caso si può dire che "tutto quello sai è falso" e, detta all'americana, è "It was an inside job" tradotto "fu un lavoro interno"». Poi, su Twitter, il deputato è tornato sull'argomento: «Se qualcuno mi mostra un video dove si vede bene l'aereo che colpisce il Pentagono (il luogo più sorvegliato al Mondo)... mi dimetto».
Redazione online11 settembre 2013
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Antibufala: Obama rende obbligatori i microchip impiantati nel corpo
C'è un piano del Nuovo Ordine Mondiale per inserire in tutti gli abitanti del mondo un microchip, e la recente riforma sanitaria di Obama ne è il primo passo, perché prevede l'inserimento di questi microchip per scopi medici dal 23 marzo prossimo nei cittadini americani. Poi arriverà il turno del resto del pianeta. Non ridete: questa è la tesi di complotto che sta ricominciando a girare in Rete.
Infatti l'idea di un complotto mondiale per impiantare microchip nelle persone è una vecchia storia di origine religiosa, le cui tracce risalgono ad almeno dieci anni fa: l'impianto del microchip (più specificamente un RFID, simile a quello che si usa per l'identificazione dei cani e dei gatti) sarebbe un “marchio della Bestia”, cioè di Satana, secondo un'interpretazione della Bibbia che cita il libro dell'Apocalisse, nel quale si parla di un “marchio sulla mano destra o sulla fronte” messo dalla Bestia su “tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi” in modo che “nessuno potesse comprare o vendere senza avere tale marchio”.
Anni fa questa storia prendeva di mira specificamente due marche di RFID impiantabili: Mondex e VeriChip. Lo sbufalamento meticoloso delle asserzioni riguardanti il caso Mondex è qui su Urban Legends e qui su Snopes e si applica pari pari al caso VeriChip. Adesso l'allarme è ritornato alla carica con un aggancio alla riforma sanitaria statunitense, l'Obamacare.
Nella versione corrente, infatti, si “dimostra” la veridicità della tesi citando con precisione un documento governativo statunitense. Siccome molti non vanno a controllare le citazioni, questo fa sembrare credibile l'appello. In particolare viene citato il disegno di legge HR 3962, approvato nel 2009 e disponibile qui in formato PDF: un malloppone di 1990 pagine nel quale però non c'è nessuna menzione di chip o di RFID. La parola“CHIP” (in maiuscolo) presente nel documento è una sigla che sta per Children's Health Insurance Program, ossia una copertura assicurativa sanitaria per bambini. Non c'entra nulla con i microchip.
Altre versioni dell'appello citano un altro documento, HR3200, che però è un disegno di legge che non è mai stato approvato, non faceva parte del progetto Obamacare e comunque non parlava di obblighi d'impiantare microchip, ma soltanto di istituire un registro nazionale dei dispositivi impiantati (pacemaker, protesi mammarie, eccetera). I dettagli della questione sono su Snopes.com, che spiega da dove viene la data del 23 marzo prossimo: è semplicemente la data entro la quale entra in funzione il registro in questione, presente anche nel disegno di legge HR3962 approvato.
In sintesi, la tesi dell'imminente microchippatura dell'umanità da parte del Nuovo Ordine Mondiale si basa su un brano della Bibbia interpretato a capocchia e su un disegno di legge che non dice quello che gli si attribuisce e comunque non è mai stato approvato. Questo è il livello di serietà di chi spara queste tesi di complotto. Ma se per caso non vi basta e avete ancora qualche dubbio, non c'è problema: il 23 marzo è vicino. A quella data, quando non succederà assolutamente niente, esattamente come non è successo niente il 21 dicembre 2012, sarà interessante vedere le reazioni di quest'ennesima categoria d'imbecilli menagramo.
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