DiStImIcAmEnTe





QUANDO FU NON RICORDO,
MA VENNI PRESO UN GIORNO
DAL DESIDERIO D'UNA VITA VAGABONDA,
DANDOMI AL DESTINO D'UNA NUVOLA
CHE NAVIGA NEL VENTO,
SOLITARIA.
(Basho)

...ma ora...

STO DIVENTANDO VECCHIO.
UN SEGNO INEQUIVOCABILE E' CHE
LE NOVITA' NON MI APPAIONO INTERESSANTI
NE' SORPRENDENTI.
SON POCO PIU' CHE TIMIDE VARIAZIONI
DI QUEL CHE E' GIA' STATO.
(Borges)
Visualizzazione post con etichetta Ferrara. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Ferrara. Mostra tutti i post

domenica 22 aprile 2018

4) Stato-Mafia. Trattativa eccetera eccetera. G.Ferrara

“Giurati che riscrivono la storia, movimenti che stanno prendendo il potere, tutti senza sapere di che si tratti. Ma tempo qualche mese e il regime dell’asineria mostrerà la corda”
di Giuliano Ferrara 22 Aprile 2018 alle 06:13 www.ilfoglio.it
Questi giurati che riscrivono la storia senza sapere di che si tratti, e questi movimenti che stanno prendendo il potere senza sapere di che si tratti, sono tigri di carta. Ho molta fiducia nel futuro di questo paese. Mi dispiace per il generale Mori, che per il suo coraggio avrebbe dovuto essere assolto (e per gli altri: mai arrestare Totò Riina, è pericoloso). Mi dispiace per Marcello Dell’Utri, che paga in modo atroce il suo palermitanesimo. Mi dispiace per Nicola Mancino, il cui atteggiamento piagnucoloso e dissociato meriterebbe l’ergastolo morale. Mi dispiace per Enzo Scotti, che l’ha fatta franca se Dio vuole e ha messo in piedi le Università che allevano i grillozzi, e gli faccio tanti auguri. Ma questi della nuova ondata forcaiola sono tigri di carta.
L’Italia è un paese pieno di volubilità e di disprezzo, informale e feroce. Finirà tutto in farsa. E di nuovo non ci sarà tragedia. Chi crede nella sentenza di Palermo? Quelli che l’hanno preparata, quelli che l’hanno emessa, i calunniatori che l’hanno resa possibile. Chi crede in un governo grillino? Chi lo ha votato per sberleffo e tigna si sta già rimangiando la parola, è solo questione di tempo, e tempo breve. Saranno messi alla prova, saranno inadempienti, la Taverna alla testa dello Stato è decisamente troppo. Vedo e rivedo il video della classe lucchese, la vita bassa degli adolescenti che infangano e bullizzano (si dice così) il piccolo e mite funzionario del sapere, l’ometto delle élite, vedo e rivedo le intimidazioni e le chiassate a umiliazione dell’insegnante, vedo e rivedo il video e penso a chi l’ha girato, sono certo che non li butteranno fuori, l’espulsione da tutte le scuole del Regno non si porta più da molto tempo, ma so che così non si andrà avanti, tra non molto la Taverna chiude le sale giochi. Verrà la reazione e avrà gli occhi attoniti di chi non accetta la degradazione autolesionista che ci siamo imposti. Qualcuno da fuori ci salverà, è già successo tante volte nella storia italiana e degli italiani. Ho grande fiducia nel futuro di questo paese.
La morte della diplomazia. 
Non è più il tempo dei negoziati condotti con discrezione. Siamo nell'età dell'impazienza e della meschinità, dove i leader ai tradizionali canali diplomatici preferiscono le bordate sui social network. Un'inchiesta di Matteo Matzuzzi Cosa c'è nel monografico di lunedì 23 Aprile
Voi dite che bisogna argomentare, bè, sì, in un certo senso è vero, lo si è fatto, lo si rifarà, c’era una volta un cinico mercante di morte, i soliti dieci anni di galera. C’era una volta il reddito per tutti, c’era una volta la flat tax, c’erano una volta le pensioni. Uno si impegna a smantellare i teoremi, si ingegna a decostruire quel mostro che è l’opinione pubblica, questo gruppazzo di analfabeti, di gesuiti e di grillozzi che sta devastando il paese, goloso di devastazioni. Ma alla fine bisogna dire che aspettare è una virtù. Wait and see, dicono gli anglomani. Aspettare e vedere, non c’è molto altro da fare se non nutrire fiducia. Una volta durò vent'anni, ma erano tempi lenti, ora è diverso. Tempo qualche mese e il regime dell’asineria mostrerà tutta la sua corda. Ho grande fiducia nel futuro di questo paese.
Il tempo non è affatto galantuomo, è un gran figlio di mignotta. Ma in questo caso farei un’eccezione. E’ troppo grossa, la tigre, per non essere di cartapesta. E’ troppo smaccato, l’esperimento di vivisezione del corpo italiano, per non alludere a una nuova vita dietro l’angolo. Ci saranno delle risate, che seppelliranno tutto in un battibaleno, ruspe, felpe, Rousseau e programmi di governo. Non dirò che vedo la luce in fondo al tunnel, una metafora che mi è sempre sembrata pigra, e nemmeno che l’aurora è vicina, magari dalle dita tinte di rosa, non sono tempi omerici, Troia è lontana. Ma ho il presentimento che ci risveglieremo prestissimo dal coma etilico, dalla grande sbronza nazionale, e sarà un buon momento, senza vendette, senza decapitazioni, molte risate, appunto, alle spalle delle tigri. Ho grande fiducia nel futuro di questo paese.

lunedì 19 dicembre 2016

Spett. Ditta Casaleggio, Grillo, Associati e Dissociati


  •  

In un paese serio sarebbe già in campo un'iniziativa legale per lo scioglimento di un movimento reazionario come quello di Grillo. I giornali, nel frattempo, cazzeggiano.


L’informazione italiana è andata per anni ormai appresso al vaffanculo di Gribbels, ha registrato senza troppe emozioni l’affermazione di un antipartito fuorilegge che impone penali per contratto al principio costituzionale della libertà di mandato, ha scortato in video e in pagina e on line (non dimentico mai i sottili guasti della badessa Lucia Annunziata) vecchi marpioni come Rodotà-tà-tà e nuovi furbetti come Di Battista-ta-ta e Di Maio-yo-yo, e ora se la cava con quattro fesserie sul garantismo o sui tecnici alla Marra che “Travaglio poteva-non-sapere” e che “ci vorrebbe il napalm sui palazzi per estirpare questa genia estranea alla purezza degli onesti”.
Sono buffoni, ma non viene nemmeno più da ridere. Sono un veterano delle campagne contro i moralizzatori moralizzati, contro quelli che gabbano il popolo bue con il mito nazista della trasparenza razziale antipolitica, fanno pasticci indecenti con le leggi e la Costituzione, poi alimentano i forconi e i loro arresti squadristici, infine si ritrovano in manette o estromessi dalla politica con poca dignità e misteriosamente perché qualcosa di sordido pare non quadri (un Marra braccio destro di una Raggi, un Di Pietro braccio violento della legge e infiniti altri datori di lezioni finiti dietro la lavagna della corruttela). L’anno prossimo fanno vent’anni dalla campagna del Mugello contro il pm della Mercedes e dei cento milioni cash in scatola da scarpe che ha fatto la rivoluzione di mani Pulite, dico di Mani Pulite, e poi come faranno mille altri dopo di lui si è messo in politica con il sostegno corale di D’Alema Prodi Veltroni a fare controllo di legalità tra gli applausi dementi della folla e delle tricoteuses del giornalismo italiano corrivo. Un veterano ormai perfino rauco, che non ha più voglia nemmeno di parlarne, figuriamoci l’impressione del caso Marra-Raggi, l’eterno ritorno dell’identico.
Che c’entra il garantismo?  A parte che gli assegni circolari sono assegni circolari, il costruttore Scarpellini è Scarpellini, anche un deficiente dovrebbe capire che la questione saliente non sta lì, dove si farà un processo più serio della fantasmagoria di Mafia Capitale e si vedrà, ma nella bambolina imbambolata fatta sindaco di Roma a furor di popolo bue, spinta avanti, ché a lui gli viene da ridere, dal comico goebbelsiano che vuole distruggere e ha già mezzo distrutta la democrazia italiana a colpi di insulti, minacce squadriste  e in alleanza con una società commerciale che in nome di Rousseau pretende cose che solo gli estortori pretendono dagli eletti del popolo, la penale. In un paese serio sarebbe già in campo da mesi un’iniziativa legale per lo scioglimento di un movimento reazionario e fuorilegge che mette una rete opacamente  controllata da affaristi al servizio di un progetto politico di eversione delle isituzioni, da aprire come scatole di tonno.
Invece ho vistoun compassato e mesto Enrico Mentana che, data la stessa misura alla storiella di Sala e alla fosca vicenda del Campidoglio, nella scaletta furbetta del suo Tg, cazzeggia sulla comparsata del disturbatore Paolini mentre sta fingendo di raccontare il vertice dei 5 stelle nella camera di un albergo di passo occupato da Gribbels e invaso da questuanti vari del nuovo potere, finti leader, amici e nemici di una sindaca che non è compos sui, e che non vuole o non può, forse non può, riconoscere il Marra che è vicino a lei e dietro di lei, “uno dei ventitremila dipendenti comunali di Roma”. Il veterano si sente preso per i fondelli, ovvio, e si domanda: un vertice? Va bene che l’avventura di Berlusconi e un po’ mia è cominciata da quelli che Mentana, passeggiando nel parco di Arcore, derideva con humour “I protocolli dei Savi di Arcore”, va bene che la seconda Repubblica ha dell’informale, e che oggi la Trump Tower decide della Casa Bianca tra marmi pacchiani e ori luccicanti, ma qui si tratta dell’albergo qualunque, del comico che viene a fare il turista politico da Genova di quando in quando, qui è una farsa tragica senza capo né coda, non c’è neanche il tentativo di dare una forma accettabile, decorosa, a un processo politico sedicente rivoluzionario. Un vertice? Una riunione privata fuori controllo, un via vai di non si sa chi, un tentativo primitivo e selvaggio di imporre come classe dirigente la solita accozzaglia di frustrati e portavoce della frustrazione sociale diffusa. Invece di seguire passo passo, deliziata, lo sfarinarsi della democrazia in Italia, una informazione che si voglia libera e responsabile dovrebbe sostituire la critica, l’analisi, la denuncia alla sociologia della crisi dappoco alla quale si è rassegnata, non senza voluttà, dando il calcio d’avvio telegenico alle campagne grilline più sconcertanti. I carabinieri che finora non hanno potuto o voluto denunciare per tentato sequestro di persona i forconi di Osvaldo Napoli, e si sono limitati a interpellarli con un genile “chi è lei?”, dovrebbero entrare in quell’albergo e chiedere ai mandanti dello sfascio italiano risibile, grottesco, magari gentilmente: “ma chi è lei?”.

lunedì 28 novembre 2016

Votare Sì per dare un dispiacere al sussiego dei ceti riflessivi

Votare Sì per dare un dispiacere al sussiego dei ceti riflessivi

La famosa "accozzaglia", una pletora di benintenzionati che si scandalizza
 per il clientelismo e per De Luca e avvilisce in modo tanto disdicevole
 la nostra cultura politica.


Va bene che dopo Trump non si può più giocare con la scorrettezza politica, ma fino a un certo punto. Io per esempio voterò Sí al referendum per motivi diversi da quelli indicati dal presidente del Consiglio o da Maria Elena Boschi: riprendere in mano il futuro e cambiare o modernizzare l’Italia sono cose che per storia personale e anagrafe non considero da tempo alla mia portata. Giusto che dei quarantenni responsabili si diano da fare, ma io c’entro poco. Il mio voto è per il titolo della riforma, dei cui dettagli me ne fotto, esattamente come i costituzionalisti che fingono di appassionarsene, in nome del buon senso. Sono anche contento se il processo politico cominciato due anni e mezzo fa andrà avanti, dato che nella mia miopia non ne vedo altri in campo. Ma il motivo vero è ancora un altro: desidero dispiacere un pochino, con la singola frazione di cittadinanza espressa dalla mia croce sulla scheda, ai ceti riflessivi, intollerabilmente sussiegosi, che formano la famosa “accozzaglia”.
Nella sceneggiata napoletana si sente spesso esclamare “i’ t’accide”. Nel vernacolo romano andante si dice “io a quello je menerebbe” o, nei casi più gravi, “l’ammazzerebbe”. Nel gergo politico insincero si condanna il voto di scambio, considerato formalisticamente un reato penale nel mondo sottosopra che combatte o crede o vuol far credere di combattere il mondo di mezzo del malaffare politico, quando tutti sanno che il voto popolare è nei secoli uno scambio, ideale e più spesso materiale, vero scambio o presunto. Se un politico campano di razza come Vincenzo De Luca fa un elogio del clientelismo, e conferisce un’onorificenza verbale a un sindaco che si dà da fare a muovere cose e consensi, si apre un caso linguistico e politico e lo si condanna. Si condanna non il clientelismo, che già farebbe un po’ ridere, ma un discorso evidentemente scherzoso e paradossale sul clientelismo, cioè su una politica appassionatamente carnale, operativa, fondata sul trascinamento del popolo e sul peso attribuito al territorio e alla società che lo abita invece che alle piccole trame ribalde della Rete di Rousseau e Casaleggio. Se uno vuole corrompere il sistema del consenso non fa un elogio del clientelismo, se ne guarda bene, questo è appena ovvio per tutti. Un po’ come nel paradosso sofistico del mentitore. Se il mentitore dice: “Io mento”, dove starà mai la verità? Cosí se un presidente dell’Antimafia mi mette in una blacklist di impresentabili a due giorni dalle elezioni per una affaire dalla quale sono prosciolto con tante scuse qualche mese dopo, sceneggiare un “i’ t’accide” mi sembra il minimo sindacale, non una minaccia camorristica, che probabilmente seguirebbe altre vie. Ma l’Antimafia invece apre un qualche dossier per cercare di nuovo di infamare l’infame. Ecco. La correttezza politica, che già era un vuoto intellettuale e morale, diventa ora un baratro, un modo insieme sussiegoso e dispotico di esigere conformità e sudditanza al linguaggio dominante.
Il partito dell’accozzaglia è questa cosa qua. D’Alema, che dovrebbe vendere il suo vino rosso alle cooperative rosse e scrivere le memorie di uno statista, erige barricate costituzionalistiche. Grillo come al solito scoreggia. Salvini alterna un comitato per il No a un comizio con una Le Pen che non risulta arrivare da una costola della sinistra. Travaglio litiga perfino con Santoro, e ho detto tutto. Bersani lavora per il re di Prussia, che al momento buono gli darà dello zombie, non è una novità. Berlusconi come sempre è l’unico che ha capito tutto e vota Sí e No nella prospettiva di un nuovo abbraccio con il suo erede, sperando che l’amplesso avvenga a vendetta consumata. L’Economist di Londra? Bè, non voglio nemmeno aprire il capitolo dei guru o mugwump dell’opinionismo mondiale che chinano la loro seriosità sulla povera Italia: bastano due parole, Brexit e Trump, e tutto è chiaro.
Bisogna votare Sí per il bene comune e per premiare il boy scout in chief e le sue marmotte. Ma anche con una carica emozionale negativa, altro che assalto al futuro, per deludere la pletora di benintenzionati che avvilisce in modo tanto disdicevole la nostra cultura politica, il nostro sapere “intrare nel male” per sortirne qualche volta un buon risultato.

domenica 9 dicembre 2012

Berlusconi allo sbaraglio


Dispuesto a morir matando. Disposto a morire combattendo, scriveva El Pais sul ritorno in campo di Silvio Berlusconi. E dispuesto a morir matando verga anche Giuliano Ferrara, tra i massimi ideologi del berlusconismo. L'Elefantino, con grazia e con la consueta inimitabile retorica, questa volta dice no. Non è d'accordo, Ferrara, con il ritorno del Cavaliere, che "va a sbattere la testa contro il muro. Ridiventa l'uomo nero della democrazia italiana".
"Poteva fare altro? Certo" - Il pensiero dell'Elefantino è stampato sulle colonne de Il Foglio di sabato 8 dicembre. Si parte da un lungo elenco dei redivivi, dei ridestati dal ritorno: dai media a Ingroia, da Santoro a Bersani e fino a La Repubblica. Una serie di soggetti che "festeggiano" il nemico ritrovato. Berlusconi "poteva fare altrimenti?", si chiede l'Elefantino. Risposta laconica: "Certo. Poteva istituire una successione ordinata e credibile di classe dirigente, cosa che aveva cominciato ad approntare". Quindi Giuliano snocciola le altre possibili strade su cui Silvio avrebbe potuto cavalcare, spingendosi anche a ribadire la possibilità che grazie a Monti, che con Silvio è stato sempre "rispettoso ed equilibrato", avrebbe potuto "tracciare una rotta di convergenza con un pezzo dell'establishment che lo ha sempre visto con il fumo negli occhi".
"L'Italia del 2013 - sottolinea Ferrara - sarà guidata da Bersani, e speriamo che gli spendaccioni non smantellino quel che resta di un anno reso possibile anche dalla responsabilità del Cav". Il futuro è colmo di incertezza, è oscuro: "Passeremo molti anni a leccarci le ferite, come fanno i miei amati cani quando le prendono. E ho detto tutto", conclude Ferrara.
......................

...e chi può dargli torto?