di Marco Gorra
Vocazione maggioritaria di ritorno o incipiente delirio di onnipotenza che sia, nel Pd in piena sbornia da primarie la tentazione di fare da sé si fa fortissima. Due elementi spingono in questa direzione: il trend innescato nei sondaggi dal successo delle primarie (ieri il Tg7 di Mentana dava il Pd al 34,6%, che sommato a Sel e cespugli vari proietta la coalizione oltre il 40%) e la quasi certezza che si voterà col Porcellum. Lo scenario per Bersani, dunque, è una maggioranza massiccia alla Camera e dignitosa in Senato ottenibile en solitaire, cioè senza bussare da Casini e soci e contentandosi di coprirsi al centro con le risorse indigene (Renzi) ed oriunde (Tabacci). Questa maggioranza di sinistra-centro, se nel lungo periodo offre scarse garanzie di tenuta, reggerà però quanto basterà per presentarsi al Colle - dove nei desiderata di Bersani il padrone di casa a quel punto dovrebbe essere diventato Mario Monti - con la lista dei ministri in tasca. E l’elenco dei membri del futuribile governo Bersani - elenco che Libero ha provato a stilare con criterio il più realista possibile - fa impressione.
Le certezze - A Palazzo Chigi, ovviamente, andrà Bersani. La Farnesina è prenotata da Massimo D’Alema, che ad autoaffondarsi per bucare le gomme a Renzi è stato il primo ed andrà risarcito con un ministero di prima fascia. Per Nichi Vendola, oltre alla nomina a vicepremier, si profila un dicastero ad alto impatto sociale: la destinazione più probabile è il ministero del Lavoro (a mitigare il tutto potrebbe soccorrere la nomina di un sottosegretario più moderato come il leader delle Acli Andrea Olivero). Anna Finocchiaro avrebbe finalmente l’occasione di coronare il sogno di diventare Guardasigilli mentre il governatore emiliano Vasco Errani, incarnazione del bersanismo, sarebbe in pole per il Viminale. Difficile, poi, levare i Beni culturali a Walter Veltroni.All’Economia non potrebbe che finireStefano Fassina, arcigno responsabile economico del partito e massimo interprete della linea Cgil. Lo Sviluppo economico, anche per ragioni di bilanciamento, a quel punto sarebbe perfetto per Bruno Tabacci. Il candidato naturale per la Salute sarebbe il senatore chirurgo Ignazio Marino, mentre il nome giusto per la Difesa sarebbe quello di Enrico Letta (il cui lavoro in commissione alla Camera è trasversalmente apprezzato).
Capitolo Cencelli: ai socialisti di Riccardo Nencini toccherà un ministero di fascia media (tipo i Rapporti con le Regioni), mentre ai vendoliani andrà dato un secondo posto di peso: il numero due di Sel Gennaro Migliore finirebbe all’Agricoltura. L’immancabile tributo alla società civile si potrebbe pagare nominando lo storico (nonché spin doctor del segretario) Miguel Gotor all’Istruzione. Laura Puppato che sulla green economy ha incentrato il programma per le primarie, sarebbe perfetta per l’Ambiente. In quota bersaniani duri e puri i nomi in lizza sono quelli della direttrice di YouDem Chiara Geloni (Pari opportunità) e delle parlamentari Marina Sereni (Rapporti col Parlamento) e Paola De Micheli (Infrastrutture). In lizza pure i due membri senior del terzetto del comitato elettorale di BersaniAlessandra Moretti e Roberto Speranza per cui resterebbero Turismo e Politiche Giovanili. E Rosy Bindi? Convenienza vorrebbe che la si dirottasse altrove, magari su una prestigiosa poltrona istituzionale. Ma, qualora la Bindi si impuntasse, negarle un ministero sarebbe difficile. Al limite, si potrebbe tentare di limitarne l’esposizione assegnandole un dicastero minore, come quello all’Attuazione del programma.
Vocazione maggioritaria di ritorno o incipiente delirio di onnipotenza che sia, nel Pd in piena sbornia da primarie la tentazione di fare da sé si fa fortissima. Due elementi spingono in questa direzione: il trend innescato nei sondaggi dal successo delle primarie (ieri il Tg7 di Mentana dava il Pd al 34,6%, che sommato a Sel e cespugli vari proietta la coalizione oltre il 40%) e la quasi certezza che si voterà col Porcellum. Lo scenario per Bersani, dunque, è una maggioranza massiccia alla Camera e dignitosa in Senato ottenibile en solitaire, cioè senza bussare da Casini e soci e contentandosi di coprirsi al centro con le risorse indigene (Renzi) ed oriunde (Tabacci). Questa maggioranza di sinistra-centro, se nel lungo periodo offre scarse garanzie di tenuta, reggerà però quanto basterà per presentarsi al Colle - dove nei desiderata di Bersani il padrone di casa a quel punto dovrebbe essere diventato Mario Monti - con la lista dei ministri in tasca. E l’elenco dei membri del futuribile governo Bersani - elenco che Libero ha provato a stilare con criterio il più realista possibile - fa impressione.
Le certezze - A Palazzo Chigi, ovviamente, andrà Bersani. La Farnesina è prenotata da Massimo D’Alema, che ad autoaffondarsi per bucare le gomme a Renzi è stato il primo ed andrà risarcito con un ministero di prima fascia. Per Nichi Vendola, oltre alla nomina a vicepremier, si profila un dicastero ad alto impatto sociale: la destinazione più probabile è il ministero del Lavoro (a mitigare il tutto potrebbe soccorrere la nomina di un sottosegretario più moderato come il leader delle Acli Andrea Olivero). Anna Finocchiaro avrebbe finalmente l’occasione di coronare il sogno di diventare Guardasigilli mentre il governatore emiliano Vasco Errani, incarnazione del bersanismo, sarebbe in pole per il Viminale. Difficile, poi, levare i Beni culturali a Walter Veltroni.All’Economia non potrebbe che finireStefano Fassina, arcigno responsabile economico del partito e massimo interprete della linea Cgil. Lo Sviluppo economico, anche per ragioni di bilanciamento, a quel punto sarebbe perfetto per Bruno Tabacci. Il candidato naturale per la Salute sarebbe il senatore chirurgo Ignazio Marino, mentre il nome giusto per la Difesa sarebbe quello di Enrico Letta (il cui lavoro in commissione alla Camera è trasversalmente apprezzato).
Capitolo Cencelli: ai socialisti di Riccardo Nencini toccherà un ministero di fascia media (tipo i Rapporti con le Regioni), mentre ai vendoliani andrà dato un secondo posto di peso: il numero due di Sel Gennaro Migliore finirebbe all’Agricoltura. L’immancabile tributo alla società civile si potrebbe pagare nominando lo storico (nonché spin doctor del segretario) Miguel Gotor all’Istruzione. Laura Puppato che sulla green economy ha incentrato il programma per le primarie, sarebbe perfetta per l’Ambiente. In quota bersaniani duri e puri i nomi in lizza sono quelli della direttrice di YouDem Chiara Geloni (Pari opportunità) e delle parlamentari Marina Sereni (Rapporti col Parlamento) e Paola De Micheli (Infrastrutture). In lizza pure i due membri senior del terzetto del comitato elettorale di BersaniAlessandra Moretti e Roberto Speranza per cui resterebbero Turismo e Politiche Giovanili. E Rosy Bindi? Convenienza vorrebbe che la si dirottasse altrove, magari su una prestigiosa poltrona istituzionale. Ma, qualora la Bindi si impuntasse, negarle un ministero sarebbe difficile. Al limite, si potrebbe tentare di limitarne l’esposizione assegnandole un dicastero minore, come quello all’Attuazione del programma.
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