...sabbie mobili.
E più si agita, più va a fondo.
Poveraccio. Le ferie, per Di Pietro, sono sempre state una disperazione, una perdita di tempo: in agosto rilascia sempre pacchi di comunicati anche perché i giornalisti, depressi dalla tundra romana, finisce pure che li riprendono. Ma quest’anno è diverso. È peggio. Un collega de «Il Post», Francesco Costa, ha suggerito l’immagine del pescione appena pescato: sa che non ne avrà per molto e allora si dimena. Ecco, è lui. Prima difende l’accordo di Vasto, poi Vendola e il Pd lo respingono, allora lui straccia l’accordo di Vasto, poi propone un’alleanza a Grillo, Grillo lo manda affan-day, allora lui critica Grillo, poi chiede regole per le primarie, poi si candida alla premiership senza le primarie, poi attacca Napolitano su qualsiasi cosa (dirà pure che puzza, presto) e poi rivaluta Craxi, sostiene Ingroia, si autoinvita alla festa del Pd, il Pd lo respinge, allora lui attacca il Pd, e insomma: un merluzzone che si contorce sull’arenile, senza un disegno, una pianificazione, senza niente. Solo un inconsulto tentativo di tenersi in vita. Scoprireste che l’ha sempre fatto, se sbirciaste la sua biografia: ma, ogni volta, fioccavano presunti retroscena, racconti di cosmogonie in atto. Ora l’hanno capito tutti, che non c’è niente. Il pesce dopo tre giorni puzza: ma Di Pietro, con l’aura negativa che si porta dietro, puzza da vivo.
Filippo Facci.
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