Marchionne non è simpatico. Non mi è simpatico. Forse peggio di lui, come empatia, ci sono gli Agnelli. Che però, come lui, mica sono scemi. Anzi. La Fiat, va detto, ha sfruttato a suo tempo i momenti opportuni del conflitto sociale, per far pesare il suo bilancio traballante anche sul bilancio del Paese, chiedendo - in cambio di occupazione e produzione - cassa integrazione ed aiuti. Le auto, esclusi pochissimi modelli, oggi non sono nè belle nè competitive. Le relazioni sindacali, oggi, sono all'osso ed al limite della rottura. Le idee, ieri ed oggi, quando gli ingegneri ce l'hanno, la Fiat le vende ai concorrenti e non le sfruttano neanche un po'. Minacciano. Piagnucolano. Tutto vero. Ma... Ma, investire in Italia, è davvero impossibile. Su questo Marchionne ha ragione da vendere. Mille ragioni. Una burocrazia al limite della follia. La nostra vocazione industriale che è al lumicino. La chimica è morta. L'edilizia è defunta. Il manifatturiero stenta. Le infrastrutture sono fatiscenti. I processi di trasformazione sono emigrati all'estero. Non abbiamo materie prime ma tanta mano d'opera a costi proibitivi. Importiamo energia. Il turismo è gestito da dilettanti allo sbaraglio. Tassazioni sopra il livello di guardia. Migliaia di leggi. Labirinti politici inossidabili ed indecisi a tutto. Il fatturato regge per ora solo per i meriti delle PMI e per l'esportazione di prodotti di nicchia ad alto valore aggiunto. E forse per il comparto agricolo, ancora sulla cresta dell'onda. Leggo di persone che, sulle minacce di Marchionne, dicono con leggerezza: "Marchionne? E' un bastardo capitalista. Dice che porta via la Fiat fuori dall'Italia? Ma chissene frega, lo faccia". A me invece frega. E molto. Perchè quando ci saranno solo i pubblici dipendenti a macinare il PIL, non ci sarà più da mangiare per nessuno. Nè per noi, nè per i Panda. Perchè un Panda, macchina o animale, non si può macinare. Punto.
Michele Pizzuti
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