Il furbetto Fazio adesso vuole il doppio stipendio
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Il conduttore minaccia di presentare Vieni via con me su un’altra rete ma vuole tenersi Che tempo che fa in Rai
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«Fabio Fazio pronto a lasciare la Rai». Yahoo! Che non è un grido di gioia, ma il nome del noto motore di ricerca per trovare tutto ciò che si sta cercando, a partire dalle notizie del giorno. Tra le quali, ieri, c’era la lettera aperta, consegnata da Fabio Fazio ai vertici Rai per mano di un postino vestito come Ezio Mauro, per comunicare che il prossimo anno è pronto a rinunciare a fare Vieni via con me, ma tenendosi Che tempo che fa, perché lui a viale Mazzini non riesce più a lavorare. E così forse se ne andrà in un’altra televisione. O forse rimarrà in questa. A un euro?
Un programma già visto, essendo andato in onda su Raidue qualche giorno fa. Conduceva Michele Santoro, ma il format era lo stesso: si tratta di un divertente show egotico in cui un conduttore si lamenta con chi gli ha dato lavoro per qualche decina d’anni, pagandolo qualche decina di milioni, e minacciando che se Loro, pressati da Lui, con il benestare di Lei, dovessero proibirgli di fare quello che vuole, quando vuole, come vuole, con chi vuole, allora sarebbe costretto a lanciare l’avvertimento - senza per forza però sentirsi in dovere di mettere in pratica la minaccia - che è pronto a traslocare in un altro network.
Di solito non accade nulla, il conduttore rimane dov’è e continua a fare la sua trasmissione. E magari anche due, con doppio stipendio. Vieni via con me? No grazie rimango qui. Che tempo uggioso che fa.
La manfrina dei conduttori in marsina da camerieri è uggiosa e stucchevole, così come rivendicare «garanzie indispensabili» per continuare a lavorare, dopo che si è trovato il consueto accordo economico di un paio di milioni a stagione, con la stessa Azienda che due righe prima si accusa di «indifferenza e ostilità» e due righe dopo viene lodata con «emozione sincera» come il «maggior Editore italiano» cui si deve «moltissimo» e che ti ha insegnato «tutto». Una lettera, quella di Fazio, come ha sintetizzato Roberto D’Agostino, che ha scatenato immediatamente una tragedia politica, mobilitando tutti i leader di riferimento dell’area salottiera democratica, da Bersani a Di Pietro, per mantenere in vita Che marketta che fa. Tutti disperati di perdere il lecca-lecca televisivo di Fabio Fazio, e così «il puffo para-guru di Raitre potrà di nuovo intascare due milioni l’anno per continuare il suo tele-slurp». Giudizio quest’ultimo, a proposito del quale va sottolineato come alcuni sostengano che la trasmissione di Fazio sia una formidabile arma di divulgazione culturale. Altri una infallibile macchina di promozione pubblicitaria. Mentre Aldo Grasso è sicuro che si tratta di pura réclame.
La manfrina dei conduttori in marsina da camerieri è uggiosa e stucchevole, così come rivendicare «garanzie indispensabili» per continuare a lavorare, dopo che si è trovato il consueto accordo economico di un paio di milioni a stagione, con la stessa Azienda che due righe prima si accusa di «indifferenza e ostilità» e due righe dopo viene lodata con «emozione sincera» come il «maggior Editore italiano» cui si deve «moltissimo» e che ti ha insegnato «tutto». Una lettera, quella di Fazio, come ha sintetizzato Roberto D’Agostino, che ha scatenato immediatamente una tragedia politica, mobilitando tutti i leader di riferimento dell’area salottiera democratica, da Bersani a Di Pietro, per mantenere in vita Che marketta che fa. Tutti disperati di perdere il lecca-lecca televisivo di Fabio Fazio, e così «il puffo para-guru di Raitre potrà di nuovo intascare due milioni l’anno per continuare il suo tele-slurp». Giudizio quest’ultimo, a proposito del quale va sottolineato come alcuni sostengano che la trasmissione di Fazio sia una formidabile arma di divulgazione culturale. Altri una infallibile macchina di promozione pubblicitaria. Mentre Aldo Grasso è sicuro che si tratta di pura réclame.
Ma se Che tempo che fa si è accreditata quattro milioni di spettatori, e Vieni via con me dieci, numeri che superano abbondantemente il quorum del diritto di critica, significa che le richieste e persino le velate minacce dei conduttori più popolari (populisti?) della tv di Stato sono legittime e incontestabili. Se c’è lo share, si può tutto. È la legge capitalistico-berlusconiana del libero mercato tanto amata dagli statalisti anti-Cavaliere. Cortocircuiti curiosi, che fanno nascere leggimi sospetti a destra e fastidiosi dubbi a sinistra. Ieri, sul sito di Repubblica, persino un intellettuale radical left come Piergiorgio Odifreddi non poteva non constatare come «la lettera di Fabio Fazio così come l’ultima puntata della trasmissione di Michele Santoro siano stati due passi falsi e che si possano configurare, a tutti gli effetti, come espressioni di “interesse privato in atto pubblico”». Aggiungendo, con un sano buonsenso e una perniciosa punta d’invidia, che «portare su un giornale o in un programma a diffusione nazionale, le proprie vicende contrattuali individuali, rivela una sostanziale mancanza di senso civico». Valeva per Enzo Biagi, sottolinea Odifreddi, e «la stessa cosa vale per Fazio e Santoro, che da decenni conducono invariabilmente i loro programmi, e vengono profumatamente pagati per farlo. In particolare, con più di due milioni di euro l’anno, il primo risulta essere il più pagato conduttore della Rai. Mentre Santoro ha deciso di andarsene, e pure lui ha ricevuto una buonauscita di più di due milioni di euro. Onestamente, in entrambi i casi queste cifre mi sembrano schiaffi alla concezione di una tv pubblica». Sembra anche a noi.
È il triste destino di quelli che ogni volta gridano alla censura. E sono sempre lì, a tirare a casa gli stipendi.
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