DiStImIcAmEnTe





QUANDO FU NON RICORDO,
MA VENNI PRESO UN GIORNO
DAL DESIDERIO D'UNA VITA VAGABONDA,
DANDOMI AL DESTINO D'UNA NUVOLA
CHE NAVIGA NEL VENTO,
SOLITARIA.
(Basho)

...ma ora...

STO DIVENTANDO VECCHIO.
UN SEGNO INEQUIVOCABILE E' CHE
LE NOVITA' NON MI APPAIONO INTERESSANTI
NE' SORPRENDENTI.
SON POCO PIU' CHE TIMIDE VARIAZIONI
DI QUEL CHE E' GIA' STATO.
(Borges)
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mercoledì 10 aprile 2019

L'età del bamboccione


Lettera 7

Dagosapiens, hai letto? Raffaella Carrà dice che ha due 

ragazzi quarantenni e che le danno un bel da fare. Non 

ci ha detto che classe fanno i ragazzi ma capiamola, 

poverina: preparare lo zainetto, la merenda, portarli a 

scuola, aiutarli a fare i compiti...


Vittorio Bamboccionepluriripetente ExInFeltrito

mercoledì 23 ottobre 2013

Studiare troppo...




Non è un Paese per studenti, questo: a meno che siano svogliati, viziati, rammolliti dalla bambagia familiare, cioè bamboccioni, iper-protetti dal familismo e da un welfare schizofrenico. Allora sì, ecco che questo diventa un Paese per studenti: purché siano quelli che sfilavano nel corteo romano, sabato, col fegato di sostenere che «gli stanno rubando il futuro», quelli che il governatore di Bankitalia Ignazio Visco ha sconsigliato dal laurearsi perché avrebbero meno probabilità di trovare lavoro, quelli che hanno scambiato la condizione studentesca per un parcheggio post-puberale, quelli, insomma, ai quali potete anche dirlo: che sono una casta.
Loro rimarranno di sale, li farete imbestialire, ma lo sono e lo restano. Lo sono perché lo Stato gli chiede soltanto mille o duemila euro l’anno di tasse universitarie, mentre ne costano - allo stesso Stato - una media di settemila: soldi a carico nostro, della fiscalità generale, soldi pagati anche da chi magari i figli all’università non ce li può mandare, magari perché non può, perché non ce la fa. Una casta è proprio questo: il privilegio di una minoranza a spese di una maggioranza. Ma voi provate a dirglielo. Provate a spiegarglielo.
Provate a spiegare a tanti coccolatissimi giovani, che per definizione hanno sempre ragione, che da una quarantina d’anni non hanno azzeccato una battaglia che sia una, spesso rincoglioniti dalla cultura bipolare e catastrofista dei loro cattivissimi maestri sessantottini: dediti, quest’ultimi, a condire il loro progressivo accomiatarsi con profezie di sciagura che hanno trasformato ogni futuro in un funerale sociale, ambientale, economico e tecnologico.
 Provate a dirglielo senza che vi saltino addosso: loro, i loro genitori e ovviamente la stampa conformista.  Provate a dirgli che l’ex ministro Elsa Fornero, quando diceva che i giovani non devono essere schizzinosi all’ingresso nel mondo del lavoro, aveva ragione e basta. Provate a dirgli che Annamaria Cancellieri, quando parlò degli italiani «mammoni», aveva ragione pure lei, o, peggio, che ce l’aveva anche l’ex viceministro Michel Martone quando disse che un 28enne non ancora laureato è spesso uno sfigato.
 Oh certo, un laureato italiano resta sfigato a qualsiasi età, molte volte: perché manca il lavoro, perché la scuola non forma, e poi certo, perché un sacco di giovani si chiudono nelle università anche per prolungare una sorta di anticamera della vita reale, sfuggendo ogni minimo approccio col mondo del lavoro. Sta di fatto che gli studenti lavoratori in Italia restano una minoranza: c’è poco da sproloquiare. Da noi ci si laurea in media dopo i 27 anni quando in Europa non si arriva ai 24, con un mercato che ormai è senza confini e rende i giovani italiani dei potenziali ritardatari agli appuntamenti che contano. A sostenerlo ci sono tutti i dati del mondo, e il governatore di Bankitalia l’ha detto chiaro: il livello di istruzione dei nostri giovani è ancora ben distante da quello degli altri Paesi avanzati, c’è dispersione scolastica, un laureato italiano ha meno possibilità di trovare lavoro di un diplomato, c’è una percentuale spaventosa di analfabetismo funzionale e cioè un’incapacità diffusa, in sostanza, di usare efficacemente la lettura e la scrittura e il calcolo nelle situazioni quotidiane. Ma dire questo, politicamente, non serve: ci sono animi da non frustrare - ti spiegano.
Teniamoci dunque la patetica casta degli studenti, questi poveracci che siamo riusciti a rovinare con la scusa di proteggerli. Non diciamogli che sono gli studenti con meno mobilità al mondo (l’80 per cento è iscritto nella regione di residenza) e che spesso la facoltà viene scelta secondo la distanza da casa, anche perché cinque giovani su dieci, dai 25 ai 34 anni, vivono ancora coi genitori. Non diciamogli che quello sciagurato e falso egualitarismo chiamato «valore legale del titolo di studio» ha prodotto milioni di false illusioni perché un pezzo di carta non insegna un lavoro né ti aiuta davvero a trovarlo, se nel frattempo non l’hai imparato e non hai capito che una professione e un’emancipazione non sono regali, non sono diritti, non sono pezzi di carta: sono una durissima conquista.  
di Filippo Facci

martedì 12 giugno 2012

Ballando sul Titanic


Lettera 15
Italia in grave crisi economica. Italia a rischio-Grecia. Disoccupazione al 10,2%; quella giovanile al 35,2%. Dicono che in Italia abbiamo pochi laureati, molti dei quali disoccupati, ma si continua a spingere i ragazzi all'università, in facoltà inutili, per farli finire poi in un call-center a 600 Euro. Tre milioni di persone non cercano nemmeno lavoro perchè convinte di non trovarlo; ma vivono ugualmente. C'è proprio qualcosa che non va, in questa Italia che vive al di sopra delle proprie possibilità; in questi genitori; in questi figli.
Vado in ospedale per un controllo medico e le prime tre infermiere che incontro sono extracomunitarie; poi vengo a sapere che un infermiere appena assunto guadagna 1700 Euro al mese. Torno a casa e davanti a me c'è un condominio in costruzione: muratori serbi. Breve vacanza alle Eolie; al commesso del fruttivendolo chiedo informazioni sui capperi e cucunci esposti: mi risponde una voce dall'accento romeno. Al grande magazzino c'è una sorvegliante dell' Est. In un ristorante ci sono cinque camerieri: tutti e cinque romeni. Compro della mortadella al negozio di alimentari: me la affetta una straniera. Gli inservienti-autisti di un albergo sono dello Sri-Lanka. La commessa di un negozio di cappelli, parei e souvenirs mi pare russa o moldava. Però il figlio del mio affittacamere è italiano: ventenne, non studia e non lavora; il padre dice che sta sempre al cellulare con la fidanzata, la quale, se tanto mi dà tanto, non fa niente neppure lei. E' sera; giù, davanti alla paninoteca-enoteca sotto alla mia camera, la via brulica di ragazzi: capannelli di studenti che si preparano per la discoteca. Penso ai loro, ai nostri, nonni e padri: emigravano pur di lavorare e le loro rimesse di emigranti aiutavano l'economia italiana; tornavano e si costruivano la casa, negozietti, ristoranti, nei quali però non fanno più lavorare i loro figli; li vogliono "dottori". E disoccupati. Ripenso ai camerieri romeni e a tutti gli immigrati che ho incontrato: i soldi che guadagnano qui se ne vanno nei loro paesi; la casa se la costruiranno loro; imprenditori diventeranno loro. C'è proprio qualcosa che non va in questa Italia, in questo sistema di vita. Ora dalla discoteca sul porticciolo arriva la musica. La via si svuota, sciamano i ragazzi. Tutti a ballare. Sul Titanic.
Vittorio Godereccio InFeltritescu


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Lettera 16
Caro DAGO
sacrosanta la lettera dell'Infeltrito sul fatto che in Italia tanti posti di lavoro rifiutati dai nostri ragazzoni sempre-in-casa sono coperti con qualche soddisfazione da stranieri. Posso aggiungere?
Al mio di ragazzone, che al liceo non aveva fatto faville, avevo proposto seriamente di investire quanto necessario a laurearlo in un'impresina: vai a lavorare 3 anni poniamo da uno che installa condizionatori, poi con la cifra X che stanzia papi ti apri una tua ditta individuale: primo anno con un lavoratore straniero sveglio, secondo magari con due, tempo di laurearsi hai già un lavoro tuo, redditizio, senza padroni, senza Fornero...Lui ha puntato su giurisprudenza dove va piuttosto bene.
E mo' che devo suggerirgli cosa fare..fai quello che vuoi, ma se vuoi darmi retta .fatti il concorso in magistratura, gli dico. Entri nell'ultima vera casta italiana, protetto da una costituzione da paese delle banane, rispettato, senza altre vere responsabilità che quelle della tua coscienza. Che gli dovevo dire? Sempre con il ben nascosto dubbio che l'impresina di condizionatori era forse meglio...
BLUE NOTE