Boris Sollazzo per ‘Giornalettismo’
Caro Mario ti scrivo, così mi distraggo un po’. Mi distraggo da un calcio che ha visto morire un ragazzo, la cui unica colpa è aver risposto a urla d’aiuto, il cui unico errore è stato andare a vedere la sua squadra del cuore giocare la finale di Coppa Italia in un’altra città. Mi distraggo da un’eliminazione al Mondiale che in giornate dolorose come questa sembra solo una rumorosa stupidaggine.
Ti scrivo perché ti ho sempre difeso. Perché sono convinto che viviamo in un paese razzista e provinciale, perché crescere tra prese in giro, prima, e buuu razzisti poi, non deve essere stato facile. Te lo dice uno, napoletano, che quando va allo stadio e si sollevano quelli che altri chiamano “sfottò” o peggio “discriminazione territoriale” (che fa tanto operatore ecologico per spazzino: chiamiamolo odio ottuso e violento, perché questo è), sente i propri occhi inumidirsi e in gola la voglia di urlare, rabbioso. Perché l’Italia odia gli anticonformisti, chi esce fuori dalla massa e dal pensiero comune, chi finisce sulla copertina del Time. Siamo un popolo di invidiosi e rancorosi, meschini che amano odiare i vincenti.
Conosco pochi navigatori e ancora meno santi, ma tanti che ributterebbero a mare chi ha un colore della pelle diverso dal loro.
Però, caro Mario, se mi parli di fratelli “negri”, di superiorità, allora sei come loro. Allora mi diventi razzista, rispondi all’odio con il disprezzo. E mi fai fare pensieri molto cattivi.
Uno di questi è: come andrebbero le cose se Mario Balotelli fosse bianco?
Verrebbe preso in giro per la sua indolenza e le sue prestazioni imbarazzanti. E sarebbero in pochi a difenderlo: un presidente innamorato, magari, o tifosi ostinati.
Ricordate Alvaro Recoba?
Ricordate Alvaro Recoba?
Lo chiamerebbero con nomignoli che poco hanno di epico, ne radiograferebbero ogni movimento, anche labiale, infine si attaccherebbero alle sue origini per scherzarlo.
Non ci credete? Beh, pensate ai romani Francesco Totti e Daniele De Rossi.
Non ci credete? Beh, pensate ai romani Francesco Totti e Daniele De Rossi.
Non gli si perdonerebbe nulla, altro che le quaranta prove d’appello concesse negli ultimi sei anni da Mourinho Mancini Allegri Seedorf Prandelli. Ricordate il Gianfranco Zola ingiustamente espulso contro la Nigeria? Non si appellò ai suoi fratelli sardi che io ricordi. E fu oggetto di una clamorosa ingiustizia.
E ancora Beppe Signori, che rifiutò il ruolo di terzino in una finale. Criticatissimi, entrambi. Esageratamente, aggiungo.
E ancora Beppe Signori, che rifiutò il ruolo di terzino in una finale. Criticatissimi, entrambi. Esageratamente, aggiungo.
O forse se Balotelli fosse stato bianco non lo avrebbero convocato. Proprio per le intemperanze caratteriali. O anche solo perché non veniva sopportato dal resto dello spogliatoio. O infine perché sembra un campione, ma non lo è. Devo davvero citare Antonio Cassano in passato o Mattia Destro, estromesso perché, pare, troppo introverso? O quel Roberto Mancini che potrebbe riallenarlo in azzurro? O Mauro Icardi, che non sarebbe convocato neanche in un’Argentina con un attacco meno atomico?
Qui a Balotelli lo psicanalizzano, lo difendono, lo capiscono. Sbaglia il pallonetto con la Costa Rica, ma è colpa dell’Italia cattiva se succede. O dei compagni che senza nominarlo lo accusano. Eppure ci sono ancora Baggio, Donadoni, Di Biagio o Zola additati per un rigore sbagliato. E non lo fecero certo contro dei volenterosi centramericani. Non avevano tre punti in classifica e tutto il mondiale ancora davanti.
E così via.
Sai che c’è SuperMario? Che se pensi ad Asamoah Gyan del Ghana, che sbagliò malamente un rigore decisivo per la sua nazionale e fu convinto a restare in nazionale a furor di popolo, devo confessarti che ad accomunarvi, ora, sono solo le origini e il colore della pelle. Lui ha sempre sudato per quella maglia, tanto che il suo allenatore dice di lui “può giocare ovunque, tranne che come palo”. Perché non riesce a stare fermo, tanto è l’impegno che mette in un match, tanto è abituato a occuparsi dei compagni in difficoltà. Tu non torni mai. Tu te la prendi con i compagni che non ti servono, ma non vai a cercarti la palla. Tu getti le maglie a terra, protesti, ti fai ammonire, bofonchi nello spogliatoio, twitti ed esponi magliette vittimiste nelle tue rare esultanze.
Tu, ora come ora, in campo dai così poco da fare che potresti giocare solo come palo.
Non Balo, attenzione, palo.
Non Balo, attenzione, palo.
No, Mario, non è razzismo. E proprio perché secondo me sei italiano, come direbbe Toto Cotugno, un italiano vero, come chiunque altro, io ti (mal)tratto. Proprio come farei con tutti gli altri. E tu non nasconderti dietro un colore. Dietro quel razzismo che hai sempre combattuto.
Non fidarti di chi ti ha difeso per furbizia, calcolo o visione perversa del politicamente corretto. Sono gli stessi maschilisti che dicono che “le donne sono superiori”, gli stessi razzisti che inneggiano alla superiorità fisica “di chi è di colore”, gli stessi omofobi “che hanno tanti amici gay”. Sono coloro che inneggiano alla tolleranza. Di chi? Di cosa? Noi dobbiamo convivere da pari, non tollerarci.
Fidati di chi se la prende con te. Perché io ho adorato Recoba – pur non tifando Inter – e nella nazionale di Vicini tenevo per Mancini. Ma me la sono presa con loro quando hanno esagerato e non hanno saputo essere degni delle maglie che indossavano.
Mio caro Mario, la verità è che per ora non vali Edmundo. Che mi era simpatico da matti, ma che ha rovinato qualsiasi squadra in cui abbia giocato. Senza, però, nascondersi dietro fratelli bianchi, neri o mulatti. Lui voleva solo il carnevale di Rio. Come tu vuoi goderti la tua ricca gioventù. Lo ha fatto anche la Sharapova nel tennis e non ha invocato le sue sorelle bionde. O russe. Quando ha deciso di vivere alla grande e vendere la sua immagine, lo ha fatto. Quando ha deciso di vincere, pure.
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