Lettera 19
Caro Dago,
Leggo la tua risposta a Sallusti e mi sovviene una considerazione. Per motivi che esula specificare - e tralasciando i nomi - mi è capitato di comparare nel 2018 i bilanci di due comuni, uno veneto e l’altro siciliano. 4000 abitanti il siciliano; 7000 il veneto. A fronte di entrate tributarie del tutto paragonabili (ma delle quali il siciliano riscuote a malapena il 50% rispetto all’80-90% del veneto) il comune veneto riceve trasferimenti annuali dalla Regione di appartenenza e da altri enti per meno di 400.000 EUR (dei quali la metà sono partite di giro per sostenere la cura domiciliare e l’asilo nido).
Il comune siciliano riceve annualmente 1.900.000 EUR dalla regione Sicilia. Stiamo parlando di trasferimenti per la spesa corrente, non di spese di investimento. Il comune veneto (comune turistico con 60 kmq di territorio in buona parte montano) opera con c.a. 35 dipendenti tra ruolo e flessibile. Il comune siciliano (comune turistico di 27 kmq alle pendici dell’Etna) opera con 32 dipendenti di ruolo e più di 40 con contratti flessibili (inquadrati in categorie fantasiose quali ‘impiegati di concetto’ o ‘addetti alla timbratrice’).
La spesa annuale per il personale del comune veneto ammonta a 1.300.000 EUR che corrispondono alle entrate tributarie. La spesa annuale per il personale del comune siciliano ammonta a 2.400.000 EUR, che data la scarsa riscossione tributaria sono coperti dai trasferimenti regionali. Dove, come e perché la Regione Sicilia disponga di tali e tante somme da trasferire ai suoi comuni, è questione spinosa ma centrale, così come il chiedersi se a fronte di tali e tanti trasferimenti assicuri al territorio servizi analoghi a quelli erogati nel Veneto.
Appare legittimo chiedersi a quale modello di sviluppo ci si affidi in queste due regioni, utilizzando comunque la leva tributaria, anche redistribuita. E quali siano i modelli futuri. Le considerazioni di Sallusti sono ragionevoli, se si chiede a che pro realmente giovino i travasi di denaro da regioni ‘ricche’ a regioni ‘povere’. Perché, se alla fin fine sono destinati a sovvenzionare il lavoro improduttivo e non lo sviluppo, diventiamo (o rimaniamo) tutti poveri.
Un saluto
Fratel Cimbro (su Dagospia)