STEPHEN HAWKING:
http://altrarealta.blogspot.it/2015/01/stephen-hawking-vi-spiego-perche-dio.html
Margherita Hack:
https://www.youtube.com/watch?v=uk2XaYS_hRw
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NON CREDENTI FAMOSI:
https://www.uaar.it/ateismo/famosi-non-credenti/
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SCIENZIATI CREDENTI:
https://deliberoarbitrio.wordpress.com/2010/02/05/scienza-e-fede-possono-andare-insieme-elenco-scienziati-credenti/
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SCIENZA E RELIGIONE:
Il diffuso ateismo tra gli scienziati, evidenziato dal recente articolo di Nature (del quale si è discusso nel n° 2/1997 de L’Ateo) non è un fenomeno limitato agli Stati Uniti. In Italia, infatti, stando a una ricerca pubblicata nel 1989 con il titolo Valori, scienza e trascendenza, la percentuale degli scienziati che credono in dio (36,1%) è persino più bassa di quella americana (39,3%).
Dalla summenzionata ricerca svolta in Italia è emerso un altro interessante dato, che forse meglio di qualsiasi altro dimostra che l’ateismo è tanto più diffuso quanto maggiore è la conoscenza scientifica, il che ovviamente equivale a dire, in modo meno eufemistico ma più efficace, che la fede è tanto più diffusa quanto maggiore è l’ignoranza delle leggi della natura. Infatti, facendo un confronto tra gli italiani laureati in discipline scientifiche e gli scienziati, che possono vantare un ulteriore iter di formazione scientifica - in relazione alle varie tappe della carriera accademico-professionale o degli impegni di ricerca - che li differenzia sensibilmente dalla grande maggioranza dei laureati in discipline scientifiche, è risultato che la percentuale dei credenti è di gran lunga maggiore tra i semplici laureati (75,6%), quelli che non possono vantare un ulteriore iter di formazione scientifica.
In mancanza di dati sicuri e aggiornati sulla percentuale di credenti tra la popolazione italiana in generale, supponiamo che essa corrisponda a quella americana, che è del 93%, come riportato nel recente articolo di Nature. Attribuendo quella percentuale anche agli italiani, siamo certi di non sbagliare per eccesso, visto che quasi tutti i mass media italiani, assidui e fedeli portavoce del Vaticano, sembrano appartenere alla Santa Sede, non a uno Stato laico e indipendente.
Considerando dunque attendibile il dato che il 93% degli italiani crede in dio, si può notare che quella percentuale scende al 75,6% tra coloro che hanno una laurea in discipline scientifiche e che essa crolla al 36,1% tra coloro che possono vantare un ulteriore iter di formazione scientifica, gli scienziati appunto. Quelle percentuali che scendono a picco col crescere della conoscenza dimostrano meglio di qualsiasi discorso che la fede è direttamente proporzionale all’ignoranza e che quest’ultima, perciò, è la vera linfa vitale delle religioni.
Riccardo Baschetti
In uno studio condotto sulla popolazione americana e pubblicato su Scientific American, il 90% degli intervistati hanno dichiarato di credere in un proprio dio personale e alla vita dopo la morte; quando però tra gli intervistati si considerano solo gli scienziati in possesso di un Bachelor of Science (l'equivalente di una Laurea triennale italiana nelle scienze esatte), la percentuale dei credenti scende al 40%; inoltre, considerando tra questi scienziati solo quelli considerati più "eminenti" dai loro colleghi, la percentuale dei credenti scende al 10%.
Lo studio ha immediatamente suscitato polemiche in molte comunità scientifiche e culturali che hanno avanzato dubbi circa il rigore scientifico della ricerca, segnalando che alcuni degli elementi su cui si basa (ad esempio la fissazione del QI a parametro della misurazione dell'intelligenza, o la definizione della religiosità in rapporto ai credi più diffusi) non sono considerati unanimemente criteri attendibili. Altresì, dalle comunità scientifiche di impronta latina, si è eccepita una presunta velleitarietà dello studio, nella parte in cui pretenda di ricavare per mezzo della statistica dati scientifici su argomenti sui quali la filosofia, scienza deputata alla definizione sia della religiosità che dell'intelletto, non ha ancora raggiunto punti fermi né di unanime condivisione.
Wikipedia
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Dieci miti e dieci verità sull’ateismo
di Sam Harris (traduzione a cura di Marco Bortolato)
Diverse indagini statistiche indicano che il termine “ateismo” ha acquisito negli Stati Uniti uno stigma sociale talmente straordinario che essere ateo è ormai un completo ostacolo alla carriera politica (ancor più che essere neri, musulmani o omosessuali). Secondo un recente sondaggio di Newsweek solo il 37% degli americani eleggerebbero presidente qualcuno che si qualificasse ateo. Gli atei sono spesso immaginati come intolleranti, immorali, depressi, ciechi alla bellezza della natura e dogmaticamente chiusi all’evidenza del soprannaturale. Persino John Locke, uno dei grandi patriarchi dell’Illuminismo, credeva che l’ateismo «non dovesse affatto essere tollerato» perché «promesse, patti e giuramenti, che sono i legami delle società umane, non possono avere alcuna presa su un ateo». Ciò accadeva più di 300 anni fa. Ma, negli Stati Uniti attuali, poco sembra essere cambiato. Ben l’87% della popolazione afferma di “non aver mai dubitato” dell’esistenza di Dio; meno del 10% si qualifica atea e pare che la sua reputazione stia sempre più deteriorandosi. Visto che è noto che gli atei sono spesso tra gli individui più intelligenti e scientificamente preparati di una società, sembra importante ridimensionare i miti che impediscono loro di giocare un ruolo più importante nel nostro contesto nazionale.
1. Gli atei credono che la vita sia priva di significato
Al contrario, sono le persone religiose che spesso si preoccupano che la vita sia priva di significato e immaginano che possa essere solo redenta dalla promessa della felicità eterna oltre la tomba. In generale, gli atei sono piuttosto convinti che la vita sia preziosa. Si carica la vita di significato vivendola davvero e pienamente. Le nostre relazioni con coloro che amiamo sono ricche di significato adesso; non hanno bisogno di durare per sempre per diventare significative. Gli atei tendono a considerare questa paura di mancanza di senso… beh… priva di senso.
2. L’ateismo è responsabile dei i più grandi crimini della storia dell’uomo
Le persone di fede spesso affermano che i crimini di Hitler, Stalin, Mao e Pol Pot erano l’inevitabile prodotto della mancanza di fede. Il problema del fascismo e del comunismo, tuttavia, non risiede in una loro eccessiva critica della religione; semmai, è che sono troppo simili alle religioni stesse. Questi regimi sono profondamente dogmatici, e generalmente danno origine a culti della personalità che sono indistinguibili dai culti di venerazione di un qualsiasi eroe religioso. Auschwitz, i gulag e i campi di sterminio non sono esempî di ciò che accade quando gli esseri umani rigettano il dogma religioso; sono altresì effetti di dogmi politici, razziali e nazionalistici senza controllo. Non esiste società nella storia dell’uomo che abbia mai sofferto perché il suo popolo è divenuto troppo ragionevole.
3. L’ateismo è dogmatico
Ebrei, cristiani e musulmani affermano che le loro scritture hanno una conoscenza dei bisogni dell’umanità talmente approfondita che potrebbero solo essere state scritte sotto la direzione di una divinità onnisciente. Un ateo è semplicemente una persona che ha preso in considerazione tale affermazione, ha letto i libri e ha trovato l’affermazione stessa ridicola. Non c’è bisogno di prendere tutto per fede, o essere in alternativa dogmatici, per rigettare credenze religiose ingiustificate. Come disse una volta lo storico Stephen Henry Roberts (1901-71): «Io sostengo che siamo entrambi atei, solo che io credo in un dio di meno rispetto a voi. Quando capirete perché rifiutate tutti gli altri possibili dèi, capirete anche perché io rifiuto il vostro».
4. Gli atei pensano che ogni cosa nell’universo si origini per caso
Nessuno sa perché l’Universo si sia originato. In effetti, non è neppure del tutto scontato che si possa financo parlare coerentemente dell’“inizio” o della “creazione” dell’universo, dato che queste idee si richiamano al concetto di tempo, ed ecco che ci ritroviamo a parlare dell’origine dello stesso spazio-tempo. Il concetto che gli atei credano che tutto si sia creato per caso è anche utilizzato regolarmente come critica dell’evoluzione darwiniana. Come Richard Dawkins spiega nel suo splendido libro L’Illusione di Dio, ciò rappresenta un completo fraintendimento della teoria dell’evoluzione. Benché non sappiamo precisamente come la chimica primigenia terrestre abbia prodotto la biologia, sappiamo che la diversità e la complessità che vediamo nel mondo vivente non è un prodotto del puro caso. L’evoluzione è infatti una combinazione di mutazioni accidentali e di selezione naturale. Darwin coniò l’espressione “selezione naturale” per analogia con la “selezione artificiale” operata dagli allevatori di bestiame. In entrambi i casi, la selezione esercita un effetto espressamente non casuale sullo sviluppo di una qualsiasi specie.
5. L’ateismo non ha alcuna connessione con la scienza
Benché sia possibile essere uno scienziato e credere in Dio – come pare alcuni scienziati facciano – non v’è dubbio che l’avvicinamento al pensiero scientifico tenda a erodere, piuttosto che a supportare, la fede religiosa. Prendiamo come esempio la popolazione statunitense: la maggior parte delle inchieste mostra che circa il 90% della collettività crede in un Dio personale; tuttavia, il 93% dei membri dell’Accademia Nazionale delle Scienze non credono in Dio. Ciò suggerisce che poche forme di pensiero sono meno congeniali alla fede religiosa della scienza.
6. Gli atei sono arroganti
Quando gli scienziati non sanno qualcosa (come il perché dell’origine dell’universo, o come si siano formate le prime molecole auto-replicanti), lo ammettono. Nel campo scientifico è molto grave fingere di conoscere cose che in realtà non si sanno. Eppure lo stesso comportamento è la linfa delle religioni basate sulla fede. Un sesquipedale esempio d’ironia in materia religiosa è la frequenza con cui persone di fede si autocelebrano per la propria umiltà, mentre allo stesso tempo rivendicano conoscenze in tema di cosmologia, chimica e biologia che nessuno scienziato può vantare. Su materie quali la natura del cosmo e il nostro posto al suo interno, gli atei traggono generalmente le loro opinioni dalla scienza. Questa non è arroganza; è onestà intellettuale.
7. Gli atei sono chiusi all’esperienza spirituale
Non v’è nulla che impedisca a un ateo di provare amore, estasi, senso di rapimento e soggezione; gli atei possono tenere in alta considerazione queste esperienze e cercarle con regolarità. Ciò che gli atei non sono propensi a fare è utilizzare tali esperienze come base di ingiustificate (e ingiustificabili) affermazioni sulla natura della realtà. Non v’è dubbio che alcuni cristiani abbiano migliorato la propria vita leggendo la Bibbia e pregando Gesù. Ma questo cosa dimostra? Solo che certe discipline e codici di condotta possono avere un effetto profondo sulla mente umana. Le esperienze positive dei cristiani suggeriscono che Gesù sia il solo salvatore dell’umanità? Neanche lontanamente, dato che gli induisti, i buddisti, i musulmani e persino gli atei fanno simili esperienze con regolarità. In realtà, nessun cristiano al mondo potrebbe affermare persino che Gesù portasse la barba, figuriamoci che fosse nato da una vergine o risorto dalla morte. Semplicemente, questo non è il tipo di affermazioni che l’esperienza spirituale può autenticare.
8. Gli atei credono che non ci sia niente al di là della vita umana e della comprensione umana
Gli atei possono tranquillamente ammettere i limiti della comprensione umana, molto più dei religiosi. È ovvio che non capiamo pienamente l’universo; ma è ancora più ovvio che una sua migliore comprensione non passa né per la Bibbia né per il Corano. Non sappiamo se esiste vita complessa da qualche altra parte nel cosmo, ma potrebbe esserci. Se c’è, tali esseri potrebbero anche aver compreso le leggi di natura di gran lunga meglio di noi. Gli atei sono aperti a tale eventualità. Possono anche ammettere che se extraterrestri intelligenti esistono, il contenuto della Bibbia e del Corano desterà in loro un’impressione persino minore di quella presente negli atei umani. Dal punto di vista degli atei, le religioni del mondo banalizzano completamente la bellezza reale e l’immensità dell’universo. Per fare una simile osservazione, non c’è bisogno di accettare alcunché sull’insufficienza delle evidenze.
9. Gli atei ignorano il fatto che la religione sia di estremo beneficio alla società
Coloro che enfatizzano i positivi effetti della religione paiono non capire che tali effetti non dimostrano la verità della dottrina religiosa. Questo è il motivo per cui abbiamo termini come “pensiero magico” e “autoinganno”. C’è profonda differenza tra illusione consolatoria e verità. In ogni caso, si può tranquillamente discutere dei “beneficî” della religione: in gran parte dei casi pare che la religione dia ai cattivi buone ragioni per comportarsi bene, benché vi siano già di per sé molte buone ragioni per far ciò. Chiedetevi cosa sia più morale: aiutare i poveri sulla spinta della preoccupazione per la loro sofferenza, o farlo perché si pensa che il creatore dell’universo vi premi o vi punisca a seconda che lo facciate o no?
10. L’ateismo non dà alcuna base per la moralità
Se a qualcuno non è già chiaro di suo che la crudeltà è male, non lo scoprirà certo leggendo la Bibbia o il Corano, dato che questi libri sono pieni di celebrazioni di crudeltà, sia umana sia divina. Non traiamo la nostra moralità dalla religione. Decidiamo cosa sia buono nei testi sacri facendo ricorso a intuizioni morali che sono (entro certi limiti) insite in noi e che sono state affinate dal pensiero plurimillenario sulle basi e sulle prospettive di felicità per gli esseri umani. Abbiamo fatto considerevoli progressi etici nel tempo e non certo grazie a una lettura più attenta della Bibbia o del Corano. Entrambi i libri infatti sono indulgenti sulla schiavitù, e tuttavia ogni essere umano civilizzato riconosce che la schiavitù sia un’abominazione. Qualunque cosa ci sia di buono nelle scritture (come le regole auree) può essere ammirato per la sua saggezza etica senza bisogno di credere che ci sia stato offerto dal creatore dell’Universo.
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UNA BUONA CONCLUSIONE:
POLITIK13 giugno 2016 18:23
Anche se Dio non esistesse, la maggiore parte degli esseri umani ne ha comunque bisogno. Tramite la fede Dio funziona come un terapeuta, che sostiene l'uomo quando ha bisogno. Allora se Dio non esiste, non è inusuale constatare che nello spazio tempo, gli uomini se ne sono sempre inventato almeno uno, un Dio, o più dei da pregare, per sopravvivere, per vivere. L'uomo che riesce a sostenere se stesso non ha certo bisogno di un Dio, per lo più a tutt'ora invisibile.